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martedì 11 maggio 2010

I molli prati di Ogigia

"Parlare di rose e di peonie è facile", mi rimbecca l'altra sera Dona Flor - nell'occasione senza neppure uno dei suoi due mariti. "A chi non piacciono le rose? Forse qualcuno non ama le peonie, ma, con fiori così appariscenti, basta poco per dare a un articolo un minimo di interesse". E in effetti Dona Flor, più di quel che scrivo, sembra apprezzare le fotografie che accompagnano i testi; non lo dice, ma il giudizio traspare dai modi un poco beffardi. E il giudizio ha qualcosa della sfida.

...

erano in fiore; a venir qui anche un nume immortale
doveva incantarsi guardando, e godere nel cuore.
Fermo, dunque, ammirava il messaggero Argheifonte.
 
Odissea, V, 72-75* 

L'isola di Ogigia possiede forse il paesaggio più suggestivo dell'intera Odissea; al confronto, Scherìa dalle fertili zolle, che i Feaci coltivano, manca di mistero: là tutto è chiaro e ordinato, i raccolti si susseguono senza alterazioni. Nell'isola di Calipso la vegetazione non è domata; è sì rigogliosa e accogliente come in un giardino, ma tuttavia ancora spontanea: è la seduzione della ninfa.

Ora, immerso in tutta questa meraviglia, il fatto che un dio, pur pragmatico come Ermete, sosti anche un solo istante a contemplare un campo di sedani (le viole nascoste sotto le piante più alte) è un quadro che fatico a figurarmi. E forse qualche perplessità l'aveva anche il Pindemonte, che ai giardini e al paesaggio rivolgeva più di un pensiero, se dalla sua versione il sedano lo sradica del tutto, lasciando solo le viole:

[...] e di viole
ricca si dispiegava in ogni dove
dei molli prati l'immortal verzura.
Questa scena era tal, che sino a un nume
non potea farsi ad essa, e non sentirsi
di maraviglia colmo e di dolcezza.

Che selinon significhi sedano e ion viola, è dichiarato dagli studi di etimologia; non sempre però l'applicazione alla botanica di queste ricerche è immediata; accadeva infatti che lo stesso nome fosse adottato per piante tra loro diverse ma in qualche modo simili nell'aspetto, o usate per gli medesimi scopi - culinari, terapeutici eccetera. I rimedi alle possibili confusioni giunsero in tempi molto vicini a noi rispetto all'Odissea, prima con gli orti botanici e poi con la nomenclatura linneiana.

Ion avrebbe la stessa radice del verbo intrecciare, dunque significherebbe sinuoso, flessibile; come in effetti è il fusticino della viola mammola, i cui fiori, tutti lo sanno, sono scuri; ma il termine potrebbe poi essere passato a designare altre piante con fiori dello stesso colore; e poi ancora piante con fiori della stessa forma di queste, ma di vari colori: Isidoro da Siviglia riporta che esistono tre generi di viola: porpora, bianca e color miele. Ancora nel '600 Francesco Pona parla di "viola [...], la quale da' Greci leucoio fu detta"; ma se il leucoio (viola bianca, ovviamente) bulboso del Teofrasto veniva identificato con la pianta oggi appartenente alla specie linneiana Leucojum vernum, le altre viole (gialla d'oro semplice e doppia, candida, porporea, violata, vinata, carnea, tané, macchiata, pentacchiata eccetera eccetera) sono ora distribuite in più generi (Erysimum, Hesperis, Matthiola e altri) imparentati tra loro ma curiosamente molto lontani dalla viola mammola.

Allora, quali splendidi fiori ammirò Ermete prima di entrare nella grotta della ninfa Calipso? Fossimo certi dell'ubicazione dell'isola di Ogigia, gli studi floristici potrebbero essere d'aiuto. Ma Ogigia nel corso dei secoli è via via collocata oltre le Colonne d'Ercole, a sud di Creta, al largo della Croazia, vicino a Malta, da qualche parte nel Mar Ionio... Insomma, al massimo si può dire che avrà avuto una flora mediterranea - lapalissiano.

Ma Omero davvero intendeva descrivere realisticamente un ambiente o piuttosto affidava l'efficacia dei propri versi anche al significato che, illo tempore, a quelle piante veniva associato? Come escluderlo con sicurezza, se, ad esempio, è vero come sembra che tanto la pianta ion quanto la pianta selinon fossero legate a divinità ctonie? Oppure potrebbe essere la suggestione portata dalle caratteristiche di quelle piante ad averlo ispirato: colore, profumo, morbidezza delle foglie - la sensualità in cui l'isola di Ogigia sembra essere immersa.

Lo ammetto, è proprio quest'ultima l'interpretazione che trovo più attraente; ma quale fisionomia dare ai sedani e alle viole? L'ambiente mediterraneo dapprima suggeriva Matthiola incana e Chritmum maritimum; ma entrambe le specie crescono tra le rocce affacciate sul mare, lontane dai molli prati irrigati dalle quattro fonti che sgorgano presso la grotta di Calipso. Allora, guidato dalla suggestione e dal caso, vi propongo quel che è spuntato nella parte più sarvatica del mio giardino: Hesperis matronalis, che profuma alla sera, e Foeniculum vulgare**, i finocchietti selvatici, dalle fronde morbide, ancor più nella varietà, seminata e poi dimenticata, con le barbe rosse, che in effetti preferisco, come ben sa anche Dona Flor - la quale spero a questo punto possa dirsi soddisfatta.


*trad. it. R. Calzecchi Onesti, Torino, 1963.

** Foeniculum vulgare era per gli antichi greci marathon, erba che cresceva abbondante presso la città che ne prese il nome, dove la civiltà occidentale ebbe, con la battaglia contro i Persiani, uno dei suoi atti di fondazione.




Sotto, Hesperis matronalis, Foeniculum vulgare e F. v. Purpureum

Hesperis matronalis

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