NO, NON È UN BLOG DI GIARDINAGGIO
MA POTRESTE TROVARE QUEL CHE NON STATE CERCANDO


mercoledì 3 agosto 2011

Bouquet

Che fanno i paesaggisti in vacanza?
Bouquet per le spose, naturalmente.

Bouquet

"Che sia romantico, campestre, per un vestito color cipria - e con molte rose".
... e che resista all'afa di un pomeriggio di fine luglio.


Rosa "Jana", Limonium "Cherry Diamond", Limonium "Pink Diamond", Daucus carota, Foeniculum vulgare.

venerdì 27 maggio 2011

Passiflora x belotii

   
Passiflora x belotii aka "Empress Eugenie"
    
Conosciuta anche come "Empress Eugenie", è un ibrido tra Passiflora alata e Passiflora caerulea descritto per la prima volta nel 1824 come P. alato-caerulea. Semirustica (sopporta temperature vicine a 0° C), generosa e intensamente profumata - di maracuja, naturalmente.

giovedì 19 maggio 2011

La necessità della Rosa - Rosa "William Lobb"

Ha l'aspetto di un gentiluomo di campagna, ma è dedicata a un cacciatore di piante dell'era in cui i grandi vivai inviavano esperti all'avventura "nei luoghi più remoti del modo" (ce n'erano ancora) alla ricerca di nuove specie da commercializzare.

William e il fratello Thomas lavorarono per i Vivai Veitch di Exeter (Devon), il primo in America, il secondo in Asia, a metà '800. Sono innumerevoli le piante giunte in Europa grazie a loro (tant'è che si può anche perdonare a Will l'introduzione nei giardini di Araucaria araucana...).

Rosa "William Lobb"

Rosa "William Lobb" è una robusta muscosa, alta e larga più di due metri (nella fotografia ne vedete un esemplare ancora giovane). Unica fioritura, buon profumo (e dei fiori e della borraccina), una gamma di colori che tocca il ciliegia, il magenta, l'ametista, il prugna, il lilla, tutti i fuchsia, il fandango (sic!), l'orchidea, il melanzana, l'eliotropo, il malva e, talvolta, perfino il rosa, a seconda dell'età del fiore, dell'ora, della luce, della temperatura... Il tutto illuminato dal rovescio dei petali, più chiaro, tanto da apparire bianco sotto il sole.

Rosa "William Lobb"

mercoledì 18 maggio 2011

Gustav Mahler, 7 luglio 1860 - 18 maggio 1911

Mi ricordano che oggi è giornata mahleriana!

Von der Schönheit (Della Bellezza), da Das Lied von der Erde, IV movimento.


Wiener Philharmoniker, dir. Bruno Walter
Contralto: Kathleen Ferrier
registrazione: 14,15,16 maggio 1952


Junge Mädchen pflücken Blumen,
Pflücken Lotosblumen an dem Uferrande.
Zwischen Büschen und Blättern sitzen sie,
Sammeln Blüten in den Schoß und rufen
Sich einander Neckereien zu.
Gold'ne Sonne webt um die Gestalten,
Spiegelt sie im blanken Wasser wider.
Sonne spiegelt ihre schlanken Glieder,
Ihre süßen Augen wider,
Und der Zephyr hebt mit Schmeichelkosen
Das Gewebe Ihrer Ärmel auf,
Führt den Zauber
Ihrer Wohlgerüche durch die Luft.

O sieh, was tummeln sich für schöne Knaben
Dort an dem Uferrand auf mut'gen Rossen?
Weithin glänzend wie die Sonnenstrahlen;
Schon zwischen dem Geäst der grünen Weiden
Trabt das jungfrische Volk einher!
Das Roß des einen wiehert fröhlich auf
Und scheut und saust dahin,
Über Blumen, Gräser wanken hin die Hufe,
Sie zerstampfen jäh im Sturm die hingesunk'nen Blüten.
Hei! Wie flattern im Taumel seine Mähnen,
Dampfen heiß die Nüstern!
Gold'ne Sonne webt um die Gestalten,
Spiegelt sie im blanken Wasser wider.

Und die schönste von den Jungfrau'n sendet
Lange Blicke ihm der Sehnsucht nach.
Ihre stolze Haltung ist nur Verstellung.
In dem Funkeln ihrer großen Augen,
In dem Dunkel ihres heißen Blicks
Schwingt klagend noch die Erregung ihres Herzens nach.


(I testi sono tratti dal volume di antiche poesie cinesi tradotte in tedesco da Hans Bethge e pubblicate nel 1907 con il titolo "Die Chinesische Flöte". Qui di seguito la versione italiana di Quirino Principe:

Giovani fanciulle colgono fiori,
fiori di loto colgono sull'orlo della sponda.
Siedono tra arbusti e foglie,
raccolgono fiori nel grembo, e si lanciano
a vicenda parole scherzose.
Il sole d'oro irretisce le figure
e le riflette nell'acqua limpida,
rispecchia il sole le loro membra snelle,
rispecchia i loro dolci occhi.
Lo zefiro solleva con moine e carezze il tessuto
delle loro maniche, porta l'incanto
dei loro profumi per l'aria.

Guarda, chi sono i bei ragazzi che cavalcano
caracollando sulla riva su fieri cavalli?
Splendendo da lontano come i raggi del sole,
già tra i rami dei verdi salici
vien qui trottando la fresca gioventù!
Il cavallo di uno nitrisce festoso,
la scansa e fila via come il vento,
vola sui fiori e sull'erba, turbinano gli zoccoli,
fulminei calpestano i fiori abbattuti.
Bello! Come vibra nella folle corsa la sua criniera,
come fumano calde le froge!
Il sole d'oro irretisce le figure
e le riflette nell'acqua limpida.
come fumano calde le froge!
Il sole d'oro irretisce le figure
e le riflette nell'acqua limpida.

La più bella delle vergini lo segue
con lunghi sguardi di desiderio.
Il suo contegno altero è una finzione.
Nello scintillio dei suoi grandi occhi,
nell'oscurità del suo sguardo di fuoco
vibra ancora, come un lamento, l'agitazione
del suo cuore.)

Paeonia lactiflora "Sorbet"

Idee distribuite in sistemi complessi di difficile trasposizione verbale? Ci si affidi alla ricchezza delle immagini. 

Oggi, Paeonia lactiflora "Sorbet".

Paeonia lactiflora "Sorbet"


(Per tutto il mese di maggio, una fotografia al giorno - chissà che non abbia la stessa efficacia di una mela...)

martedì 17 maggio 2011

La Necessità della Rosa - Nomi, parole, idee

Sto lasciando passare maggio, il ricchissimo maggio, senza raccontare neppure quel che accade nel giardino di casa, che magari non è molto, ma che per lo meno, avendolo sotto gli occhi tutti i giorni, qualche ragionamento, qualche ricerca dovrebbe stimolare. Ma per scrivere servono idee chiare e parole precise. E adesso così non è. Magari dipende proprio dalla ricchezza della stagione: accade troppo in troppo poco tempo per riuscire a scegliere con piena convinzione (intendendo che la una scelta equivale a molte esclusioni). E poi il giardino rispecchia queste scelte - e la difficoltà di temperare quelle fatte per passione e quelle fatte con ragione in qualcosa di vitale, di fiorifero-fruttifero-foglifero appunto. In sostanza: accogliere una pianta perché la sua presenza rafforzerà l'effetto complessivo che ci si è preposti, oppure, al contrario, introdurla sapendo che gli equilibri saranno alterati e se ne dovranno cercare di nuovi, non senza battaglie. Cosa quest'ultima che mi sembra "secondo natura" e che preferisco, anche se il mio giardino più che in equilibrio dinamico sembra spesso sull'orlo del caos (e magari qua e là vi precipita - basta che, come quest'anno, la pioggia sia prima in eccesso e poi in difetto).

Tra le conseguenze di questa propensione all'azzardo sta pure l'arrivo in giardino di piante di cui non conosco il nome e dunque neppure le caratteristiche e dunque le simpatie e le antipatie nei rapporti con ciò che cresce loro vicino. E, tra queste piante sconosciute, tre rose: una che mi fu regalata, una salvata da un vivaio che non la meritava e una nata casualmente da seme in un vaso sul balcone.

1 - L'etichetta della giovane pianta riporta "Souvenir de Philémon Cochet", mutazione color rosa - molto tenue - della bianchissima e assai famosa "Blanc Double de Coubert", entrambe varietà di rose rugose ottenute alla fine dell'800 dai Cochet (gli stessi di "Roseraie de l'Hay"). Ma già alla prima fioritura la nuova arrivata fa dubitare della sua identità, per la forma e per il colore. Inoltre, collocata vicino a un esemplare di Olea fragrans che l'avrebbe riparata dal calore del pomeriggio, produce presto nuovi rami robusti, alti oltre due metri e uniformemente ricoperti di spine triangolari e inesorabili - che compaiono anche sulla pagina inferiore delle foglie. Molto diversa dal portamento gentile di "Souvenir de Philémon Cochet". L'aspetto generale è comunque influenzato da Rosa rugosa, tanto quanto può esserlo una "Conrad Ferdinand Mayer" (nella fotografia le vedete insieme), rispetto alla quale però si mostra più rozza e dai fiori più piccoli. Credo perciò che si tratti di "Souvenir de Cristophe Cochet": rimaniamo in famiglia, ma le attitudini sono diverse rispetto a "Philémon". Tant'è che dovrò trasferirla dove possa crescere liberamente - sperando che non soffra troppo il trapianto. Non si tratta di una Prima Donna, ma di un'ottima Dama di Compagnia - o di una severa Governante: a farne siepi non si temeranno intrusioni. Come tutte le rose a fiori chiari e doppi, è amata dall'orrida (letteralmente: è coperta di peli setolosi) Tropinota che ne rovina i petali, a differenza delle più grande ma più moderata Cetonia, che si accontenta del polline.

Rosa


2 - Questa seconda rosa languiva nel lazzaretto in fondo a un comunissimo Garden Center, assieme ad altre compagne tutte diverse tutte senza nome: si riconoscevano una "Guinée", alcune "Complicata", alcune muscose... invendute e accantonate perché non rifiorenti. In quel momento non portava fiori e la acquistai per il portamento leggero e per il colore dei rami sottili, di un rosso appena più scuro di quelli della sanguinella (Cornus sanguinea) - e soprattutto perché non mi ricordava alcuna varietà che già avessi visto. Arbusto pollonante, senza spine sui rami secondari, metre quelli basali ne portano in buon numero, dalle foglie leggermente rugose, morbide, verde chiaro. I fiori, rosa intenso con il centro bianco, sono larghi di media una decina di centimetri e compaiono una sola volta, subito dopo la fioritura di Rosa banksiae. Hanno buon profumo. I cinorrodi maturano raramente e non durano molto a lungo. La somiglianza con Rosa rugosa appare da lontano e scompare da vicino...

Rosa


3 - I vasi sul terrazzo sono molto numerosi: piante di vecchia data, nuovi arrivi, seminagioni, talee... Insieme a una pianta del tutto diversa, credo una Rudbeckia, si mostra inaspettatamente una piccola rosa, spuntata forse la stagione prima e rimasta inosservata. Più volte rinvasata e finalmente trapiantata in piena terra, dopo tre anni è fiorita. Credo sia una varietà sarmentosa, anche se finora il ramo più lungo non supera il metro e mezzo di lunghezza. I fiori, a mazzetti, ricordano quelli di "Félicité et Perpétue", ma sono meno doppi e, anziché bianco puro, appaiono scaldati da un tenue rosa conchiglia, con gli stami evidenti. La vera sorpresa sono le foglie, lucide, minute e glauche, contrastanti con il color mogano dei fusti più giovani, che portano rare spine appena ricurve dello stesso colore; una sfumatura rossastra compare sui rametti fioriferi, del tutto privi di spine, e sui piccioli. Il profumo è leggero, ricorda quello emanato dagli stami di Rosa multiflora, solo più dolce.

Rosa


Chiedo aiuto per cercare di rintracciare il nome (e dunque le origini e le caratteristiche) di queste rose, pur nella segreta speranza, nell'ultimo caso, che si tratti di qualcosa di mai visto (debolezze da appassionato).

lunedì 9 maggio 2011

Orticola 2011

Fossi un coltivatore e decidessi di partecipare a una mostra-mercato, come potrei misurare la resa dell’investimento? Perché allestire uno stand costa: affittare lo spazio, trasportare le piante, sottrarre tempo ad altro lavoro, pernottare… “Eh, non so se l’anno prossimo torneremo, non abbiamo venduto abbastanza da pagarci le spese”. Ma non è il mercato settimanale in paese, dove si va portando ciò che si è sicuri di vendere e dove i conti si fanno a fine giornata. A una mostra-mercato si va per raccontare di sé, del proprio lavoro, per farsi riconoscere – per essere distinguibili tra gli altri coltivatori, vuoi per le varietà presentate, vuoi per la qualità, vuoi per i suggerimenti di coltivazione o per qualunque altra specificità. È una forma di pubblicità che, raccontano gli esperti di comunicazione, può rivelarsi utile per “consolidare l’immagine”, ma che, per dare frutti, richiede tempo, costanza e dedizione – proprio come una pianta, in fondo. E allora i coltivatori dovrebbero saperci fare. O no?

Hemerocallis lilio-asphodelus

Entrare nel labirinto di Orticola lo scorso sabato pomeriggio è stato come entrare nella grotta di Aladino – e doverne contare le gemme una per una… Presto la mente e il cuore si saturano: non ci si può innamorare ogni dieci passi, conservare qualcosa da portare con sé, qualcosa da ricordare, che maturi poi in una nuova conoscenza, in un nuovo progetto, se ogni stand accumula decine e decine di varietà, tutte bellissime, certamente, ma che richiederebbero ben più delle poche ore che è possibile dedicare alla visita per essere ammirate – e comprese.

Le reazioni dei visitatori sono diverse – chi si affanna da uno stand all’altro, per non mancarne nessuno, ma alla fine, per “l’eccesso di offerta” che impedisce le comparazioni, non sa comunque scegliere; chi arriva cercando una precisa categoria di piante, e trascura tutto il resto, rinunciando a sapere di più; chi, stordito da tante meraviglie, vaga a occhi sbarrati; chi riesce a trovare il proprio tesoro appena entrato, e se ne esce soddisfatto con quello, fosse pure il rododendro che troverebbe anche dal fioraio sotto casa…

Poiché non ho alcuna autorità e quindi posso essere tranquillamente ignorato, provo a elencare qualche suggerimento.
  • Primo. Vivaisti, presentatevi. Siccome non si può fare di persona con tutti i visitatori, ci si munisca di cartello, sobrio e chiaro: bastano il logo, il nome dell’azienda e la località; il resto possono farlo i biglietti da visita, di cui è vantaggioso essere generosi; non aspettate che ve li chiedano, metteteli in bella vista: chi è incuriosito ma non ha tempo magari vi rintraccerà al telefono o sulla rete – forse verrà a trovarvi per conoscervi con calma. Dategliene la possibilità.
  • Secondo. Non portate tutto quello che state producendo. Selezionate quelle piante che ritenete vi distinguano o siano particolarmente ben riuscite; se avete spazio per cinquanta vasi, non portate cinquanta varietà – neppure trenta. Meglio poche varietà in grandi quantità che il contrario. Nel marasma della fiera il colpo d’occhio sarà più efficace, più facilmente rimarrà impresso nella memoria. Il che porta al successivo:
  • Terzo. Non basta esporre più o meno ordinatamente le piante nello spazio che vi è stato destinato, come fosse niente di più di un’estensione del vivaio. Curate gli abbinamenti, le associazioni, quasi si trattasse di suggerire l’immagine di un giardino – che poi è la naturale destinazione di ciò che producete. Così potreste anche aumentare il numero delle varietà esposte senza generare in chi guarda alcun senso di smarrimento: osserverebbe un insieme ricco, invece che un accumulo di oggetti vegetali.
  • Quarto. I visitatori esperti cercano nuove idee, i novizi cercano una guida; sviluppare il terzo suggerimento soddisfa questi e quelli.
  • Quinto. Poiché lo stand serve anche da magazzino, esporre poche varietà in molti esemplari evita di farlo sembrare povero durante l’ultimo giorno o le ultime ore della mostra – cosa che invece darebbe una cattiva immagine della capacità di produzione del vivaista.
  • Sesto. Raccontate. Raccontate di voi, delle piante, dei giardini che le ospitano o che le sapranno ospitare. Raccontatene la storia e l’origine, raccontate un’emozione, una soddisfazione dei sensi. Si racconta, è noto, per immagini come per parole. Non siate prolissi – non ne avete neppure il tempo. Evocate. Suggerite. Non siete arrivati per vendere, ma per comunicare (ma anche la vendita è una forma di comunicazione), per farvi conoscere e soprattutto ricordare.
  • Settimo. Per gli organizzatori. Alla quinta volta che passa davanti a un espositore di Pelargonium antichi/botanici/odorosi (che stanno diventando pericolosamente di moda), il visitatore non sa più se è di fronte al primo o al secondo o al terzo o al quarto o effettivamente al quinto: le varietà sono più o meno le stesse, l’esposizione non offre alcun appiglio alla memoria, forse un esemplare è specifico ma chi si ricorda se è proprio lui e in effetti il percorso con le sue biforcazioni, col suo andare e venire (peraltro suggestivo) non aiuta di certo. Lo stesso vale per gli espositori di rose, di piante erbacee perenni, di eccetera eccetera. Storicamente gli artigiani riunivano le proprie botteghe lungo una via del quartiere che ne ospitava la corporazione – e che talvolta ancora ne conserva il nome (Via dei Bottai, dei Tintori, dei Cordai…); tra affiliati si controllava che nessuno infrangesse le regole della corporazione, mentre gli acquirenti avevano la possibilità di comparare agevolmente le merci esposte dai vari artigiani e valutarne la qualità. Allora forse non sarà difficile organizzare un Sentiero delle Esotiche, delle Acquatiche, dei Pelargoni, delle Rose, di eccetera eccetera ... La competizione non guasta il mercato.

Amen.

Come è stata l’Orticola? (La Graticola la chiama lo Zar Paolo).
«Una mente vivace e tranquilla non vede nulla che non le piaccia; e può essere soddisfatta anche senza vedere nulla». Tranquilli e vivaci, in effetti, sembrano essere per temperamento gli appassionati di piante. E, diversamente che per Emma, a Orticola da vedere c’era molto – da sembrare troppo, come si diceva. Ma anche la sensazione di ricchezza vegetale (e dunque della Natura e pure dell’Arte), la percezione della grande varietà, quasi inesauribile, di forme, colori, odori, sono – passatemi il termine – insegnamenti di cui essere soddisfatti.

(E pure molta soddisfazione me l’ha data la metamorfosi di un architetto-pianificatore-paesaggista-conservatore in orticoltore, almeno per una sera… Vivat!).


(Della sempre maggiore sensibilità-verso\richiesta-di orto, riccamente espressa anche a Orticola, si dovrà parlare una volta o l’altra).

mercoledì 27 aprile 2011

The Great Pumpkin

“Non siamo soli fintanto che in qualche parte del mondo qualcuno si preoccupa per noi”. Chissà dove l’ho letto. Probabilmente la massima era stampata sulla carta di un cioccolatino. E quindi la cosa risalirebbe a più di vent’anni fa – prima che abbandonassi i cioccolatini sentimentali. Ma qualche significato lo deve avere, se mi è tornata in mente questa mattina, dopo aver ricevuto inaspettatamente una breve lettera da una persona cara. Con la lettera sono arrivate due bustine di semi. L’idea che qualcuno che non vedi da troppo tempo abbia avuto per te una premura come questa è molto confortante. Soprattutto nell’era in cui basta un sms per raggiungere chiunque (e magari sentirsi la coscienza più leggera dopo mesi di silenzio). Scrivere a mano su un foglio, piegarlo nelle giuste dimensioni, porlo nella busta – anche acquistare i francobolli prima e recarsi poi all’ufficio postale o cercare una cassetta delle lettere mi sembra siano diventati gesti molto preziosi. Capaci di moltiplicare il valore del momento, non meno prezioso, in cui i semi sono stati acquistati per impulso d’affetto.

Una bustina contiene semi di Protea cynaroides, pianta sudafricana che coltiverò in vaso; l’altra invece è gonfia dei grossi semi di Cucurbita maxima “Atlantic Giant”. Ovvero “The World’s Largest Pumpkin Variety”, la zucca gigante da competizione, record del mondo stabilito nel 2010 con 1810,5 libbre di peso (quasi 815 chilogrammi), nel Winsconsin. Roba da veri americani. (Video). Certo non una pianta da vaso – e dunque dovrò farle posto in giardino.

E, per farle posto, eliminerò un po’ dei fiori seminati questa primavera, in fondo, vicino al prato spontaneo, prima muovendo il terreno in profondità e poi concimando e annaffiando molto – una volta che sarà spuntata. Là dovrebbe esserci abbastanza spazio perché possa distendere le fronde, lunghe fino a sei metri, che vanno fatte radicare, interrandole, man mano che crescono, per rafforzare la pianta, altrimenti i frutti abortiscono. L’impollinazione si fa a mano, magari con un pennello di peli di cammello (sic!); sotto la zucca prescelta deve essere posto uno strato di paglia, per evitare marciumi prima che arrivi alla maturazione. Mentre mi preparo il tutto – e preparo anche me stesso all’impresa – ho messo i semi a germinare in semenzaio; li trasferirò al momento giusto, quando svilupperanno le prime foglie vere.


Dubito di raggiungere risultati eccezionali – anche se non fossi al primo tentativo, so purtroppo che il terreno non possiede le caratteristiche necessarie a far sviluppare rigogliosamente le zucche. Ma di certo sarà una bella avventura, un’esperienza orticola nuova, magari arricchente (già ho imparato qualcosa che non sapevo sui costumi degli abitanti delle Colonie d’Oltre Atlantico – e di certo ne uscirà arricchito il terreno!). E credo che in autunno darà molta soddisfazione avere il proprio colorato pumpkin patch (per quanto alla vigilia di Ognissanti non intenda sedermi ad aspettare il Grande Cocomero).


Un conoscente forse mi regalerebbe semi di fiori; un amico regala semi di zucche impossibili.

lunedì 18 aprile 2011

Colorno, Nel Segno del Giglio 2011

In sette immagini.


Il parterre della Reggia.



Rosa "Gloire de Dijon".



Fragili, robustissime (peonie arboree).



Il Tempo.



Oh! Ton-sur-ton! Toujours aussi élégant!



Anche i cani di terracotta muoiono di solitudine.



Cercare, trovare.



(Grazie allo zar Paolo per le fotografie)

venerdì 15 aprile 2011

Lillà dalla Cina

Mancava raramente, nei giardini delle nonne, il lillà, in compagnia delle spiree e della kerria. Non credo si trattasse solo di moda - piuttosto sarebbe da interpretare come il segno di un diverso modo di intendere (di piantare, di vivere) il giardino. 

Oltre che nella forma classica, Syringa vulgaris oggi si trova facilmente nelle cultivar moltiplicate per innesto; tuttavia la disponibilità di colori intensi e di forme doppie non sembra avere attirato l'attenzione dei proprietari di giardini (solo i lillà a fiori bianchi hanno un po' più di fortuna - il bianco è ancora considerato di grande raffinatezza oh, sì). Restano piante accessorie.

Considero invece tutte le specie di Syringa piante molto valide per un giardinaggio senza nevrastenie e per un giardino in sintonia con le forme e i tempi del paesaggio naturale. Sono autosufficienti, dalla fioritura abbondante, spesso profumate. Oltre al classico lillà, trovo particolarmente attraente Syringa microphylla "Superba" (Syringa pubescens subsp. microphylla cv. "Superba", per la precisione), anche per il portamento morbido, leggero e per la tessitura minuta, tanto delle foglie quanto dei fiori, che, distribuiti in mazzetti lungo i rami sottili e arcuati, sono di un rosa quasi bianco all'interno e rosa ciliegia all'esterno e così fitti da coprire le foglie, tanto che danno alla pianta un aspetto spumoso, cangiante.

Syringa pubescens subsp. microphylla 'Superba'

Talvolta mostra una seconda fioritura all'inizio dell'autunno, benvenuta anche se spargola; forse più interessante è il colore ambrato che prendono le foglie prima di cadere - e la sfumatura ramata su quelle giovani in primavera.

Adattatasi al clima continentale della Cina nord-occidentale, sui rilievi intorno al Fiume Giallo e allo Yang-tze, sopporta benissimo le estati afose e gli inverni lunghi, né la spaventa il terreno argilloso e calcareo; non l'ho mai vista ammalata e praticamente non richiede potature - anzi, mal le sopporta. Però credo che sia proprio quest'ultima caratteristica ad averla fatta cadere in disgrazia: si sa che le piante, in Italia, devono essere potate. Ordine, innanzitutto.

(Mentre è pianta raccomandata dalla RHS, che l'ha premiata con l'Award of Garden Merit. Amen.)

Syringa pubescens subsp. microphylla 'Superba'

Syringa pubescens subsp. microphylla 'Superba'

martedì 12 aprile 2011

Due viole dalle Colonie

Il caldo insensato di questi giorni si sta portando via le fioriture primaverili una dopo l’altra e non ho immagini da mostrare dei narcisi che proliferano in giardino né dei rari tulipani che resistono nonostante il terreno inadatto, pesante com’è di argilla umida e di troppi sassi (coltivare i bulbi in una miscela sabbiosa dentro grandi vasi di terracotta toscana, come ai tempi d’oro dei “giardini di fiori”, è d’aiuto, ma chi ha più spazio ormai?). Mentre i fiori nobili si seccano sugli steli prima ancora di appassire, qualche consolazione viene da quelli “di compagnia”, che coltivo per colmare i vuoti tra le piante maggiori. Penano anche questi, ma il grande numero compensa la scarsa durata (e così scopriamo che esistono le classi sociali anche in giardino). Oggi tocca a due specie “sorelle” di viola.

Viola sororia "Freckles"

Su Viola sororia e Viola cucullata ci sarebbe molto da raccontare, ma poiché il caldo fa male pure ai giardinanti e ai loro affari, mi limito a elencare:

Viola sororia, descritta nel 1806, avrebbe questo nome poiché mostra relazioni di stretta parentela (di sorellanza!) con Viola cucullata, descritta nel 1879. Pare.

• L’etimologia dell’attributo cucullata è più facile; la forma del fiore ricorderebbe un cappuccio o cocolla: in latino cucullus – quello che non facit monachum.

Viola cucullata alba

Viola sororia è specie americana, diffusa nelle regioni orientali - più a nord che a sud, dai Grandi Laghi alla costa Atlantica. Conosciuta con vari nomi comuni, dei quali il più diffuso è Common Blue Violet, è fiore nazionale in Wisconsin, Illinois, Rhode Island e New Jersey. L’areale di Viola cucullata è simile, ma si spinge più a nord, fino al Labrador; gli habitat sono però differenti.

• Mentre Viola sororia cresce in boschi, radure e prati di erbe basse, Viola cucullata predilige prati umidi e marcite – il suo più comune nome comune (!) è Marsh Blue Violet.

• Di V. cucullata si coltiva soprattutto la varietà alba; di V. sororia si conoscono le cultivar “Freckles”, dai petali bianchi puntinati di blu, la più diffusa, “Dark Freckles”, simile, ma dai petali azzurri, “Rubra”, più alta e dai fiori color borgogna. Viola sororia var. priceana è ancor più rara da incontrare delle altre nei giardini europei.

Viola sororia "Freckles"; V. s. "Rubra"

Viola sororia var. priceana o Viola priceana, oggi chiamata V. s. var. sororia, è conosciuta con il nome comune di “Confederate Violet” sia perché diffusa negli Stati meridionali, sia per i colori che ricorderebbero quelli della divisa dell’Esercito Confederato durante la Guerra di Secessione. Si dice.

• Esistono altre cultivar di Viola sororia in varie tonalità di azzurro, che però ho visto commercializzare solo in miscuglio; uno di questi mix è chiamato “Sorority Sisters”, con un probabile richiamo alle Seven Sisters, sette college nel nord-est degli USA storicamente femminili – l’equivalente della maschile Ivy League. Tanto per rimarcare la diffusione nella cultura (popolare?) americana.

• La forma tipica di V. sororia di tanto in tanto emerge tra i fiori variegati della “Freckles”, tuttavia le piante che coltivo non hanno ancora manifestato alcuna tendenza alla regressione. V. cucullata alba è costantemente bianca. Com’è usuale per le viole, la fecondazione avviene soprattutto per cleistogamia, fatto che favorisce la stabilità dei caratteri selezionati dai floricoltori.

• Entrambe le specie si disseminano con grande facilità, tant’è che in America sono talvolta considerate vere e proprie erbacce a causa della loro invadenza. Un ambiente asciutto comunque ne ferma la diffusione – e questo può essere un vantaggio nei nostri giardini. Sanno sopravvivere a condizioni invece avverse per molte altre piante: ho visto Viola sororia “Rubra” formare un fitto tappeto sotto la chioma di un gruppo di vecchi abeti, dove era arrivata per caso, grazie a qualche seme intrufolatosi nei vasetti di piante di Viola odorata – che invece non attecchì nonostante le cure.

• Entrambe non possiedono alcun profumo e perdono completamente la parte aerea durante l’inverno. Quindi sono tappezzanti, ma non sempreverdi; ne potete fare mazzolini, ma senza odore. Se queste sono caratteristiche negative, altre mi paiono sufficientemente apprezzabili da compensarle. Una su tutte: si arrangiano e risolvono problemi prima che sappiate di averli (erbaccia scaccia erbaccia).

• Per un “giardino bianco” sono perfette (a parte, naturalmente, Viola s. "Rubra"); in uno colorato portano luminosità, sempre sapendo scegliere da sole il luogo migliore in cui crescere. Da una pianta ne avrete, dopo un anno, almeno altre venti; talvolta fioriscono già nella stagione successiva a quella in cui sono spuntate.

• Sono dotati di brevi fusti sotterranei, più robusti in V. cucullata, che, dopo aver perso le foglie, riducono molto anche il numero delle radici; sono resistenti, ma temono il vento freddo e secco, che li disidrata. Soluzioni: neve (!) o pacciamature con terriccio.

• Questi rizomi pare costituissero una fonte di cibo secondaria per i nativi americani; comunque tutta la pianta è commestibile (dicono! mai provato personalmente né trovati riscontri ufficiali).

• Varrebbe davvero la pena di raccontare la vita avventurosa di Constantine Samuel Rafinesque-Schmaltz, naturalista eclettico di origine francese che lavorò soprattutto negli Stati Uniti (1783-1840). Nel suo scritto più famoso, Medical Flora, a Manual of the Medical Botany of the United States of North America (1828-1830), per primo descrive l’uso della pianta come medicinale, uso mediato dalle popolazioni Cherokee. Ma non c’è tempo! E voi volete sapere qualcosa di più sui fiori, non sugli uomini.

• Uno dei caratteri che permette di distinguere le due specie è la forma dei grossi peli presenti sui petali laterali, verso la gola del fiore: in V. cucullata la loro estremità è ingrossata, in V. sororia è attenuata. Munito di contafili ho confrontato più volte i fiori delle piante che mi crescono in giardino senza però riscontrare alcuna differenza: i peli erano sempre attenuati e mai clavati. Da che si può dedurre, a piacere:
1. la variabilità dei viventi supera i limiti posti dagli uomini di scienza
2. l’esame tricologico sulle viole americane non ha validità tassonomica
3. la selezione casuale degli esemplari scelti per la coltivazione ha privilegiato popolazioni con caratteri simili in due specie diverse
4. mi è stata venduta come V. cucullata una V. sororia
5. la mia capacità diagnostica è miseramente insufficiente
6. varie et eventuali

Viola sororia "Freckles"

Viola sororia "Freckles"

mercoledì 6 aprile 2011

Clematis armandii - Profumo bianco

I giardini non dovrebbero traboccare della fioritura di innumerevoli Clematis armandii? Perché invece sono pieni di Falso Gelsomino? Rispondete e vi saranno svelate le origini di tanto giardinaggio senza cuore e senza cervello. Ma non i rimedi.

Clematis armandii

Profuma di blanc-manger. La descrizione la trovate in giro; anche la pianta ormai si trova in tutti i garden center. Per lo più invenduta. Andate subito.

Clematis armandii

lunedì 4 aprile 2011

Bergenia - Pianta da mezza stagione

Longeva, generosa, affidabile, sana e sparita dai giardini - o quasi. Anziché cercare la pianta più adatta a un certo ambiente, come quello non facile dell'ombra povera in cui le bergenie crescono volentieri, si preferisce modificare l'ambiente, uniformandolo alle esigenze delle piante - soprattutto quelle coloratissime che troviamo sui banchi del mercato, quelle che iniziano a fiorire in aprile per smettere a novembre, con grande soddisfazione di chi le ha acquistate. Un investimento!

Bergenia crassifolia

Oltre alle classiche Bergenia crassifolia (nella foto sopra) e Bergenia cordifolia, sono almeno una decina le cultivar che si trovano senza gran fatica, delle circa cinquanta oggi disponibili; gli ibridatori hanno selezionato fiori dai colori che vanno dal porpora al bianco caldo, su foglie ben proporzionate. Anche se l'aspetto un poco mostruoso delle vecchie varietà contribuisce molto al loro fascino.

Qui sotto Bergenia "Bressingham White".

Bergenia "Bressingham White"

venerdì 1 aprile 2011

Una Vinca per lo Zar

Non ha a che fare con Michail Ivanovic Glinka, ma con Gertrude Jekyll: a qualcuno, lei compresa, piace bianca.

 
Sono state selezionate alcune varietà di Vinca minor nel colore classico ("Aureovariegata"; "Bowles Variety"; "Flore Pleno" ...) ma quella bianca per eccellenza rimane "Miss Jekyll". Si dice abbia un portamento più denso e rimanga più bassa delle altre - e inoltre che sia più fiorifera, sia in quantità s inia durata. Gertrude Jekyll la usava nel sottobosco perché più luminosa della varietà tipica. Che dire? Io amo il color pervinca da quando lessi "Il Cavaliere Inesistente", un evo fa. Invece, da ammirare da vicino, resta la varietà "Rubra" o "Atropurpurea", il cui colore in distanza si fonde con le ombre del sottobosco.


giovedì 31 marzo 2011

Venus Verticordia

Alla GNAM di Roma è in corso una mostra dedicata alla Confraternita dei Preraffaelliti - e alla loro filogenesi, per dirla in termini naturalistici. Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell'Italia nell'Inghilterra vittoriana si è aperta alla fine di febbraio e terminerà in giugno e indaga i rapporti tra la corrente artistica inglese nata nel 1848 e l’arte italiana; tralascia invece le ricadute che i principi estetici della Confraternita ebbero sulle arti applicate – forse un argomento troppo vasto, che richiederebbe un’esposizione a sé, poiché il movimento Arts and Crafts produsse oggetti d’arredo, stoffe, tappezzerie… e giardini pure.


Lo racconta benissimo proprio il dipinto di Dante Gabriel Rossetti scelto per promuovere la mostra: “Venus Verticordia” (1864-67). La figura fulvocrinita della Venere si stacca su una parete di rose; queste sono sostenute da un grigliato, appena visibile in alto, che deriva direttamente da quelli medievali, realizzati con verghe di nocciolo legate con salice, già alle spalle di “Madonne del Roseto” come quella di Martin Schongauer o di Stefano da Zevio. Le rose sono però moderne, probabilmente le bourboniane che ebbero grande fortuna nel periodo vittoriano, riconoscibili dalla forma a coppa del fiore, che si apre poi quartato. Una massa di fiori di caprifoglio (facilmente identificabile come Lonicera periclymenum, credo nella varietà “Serotina” dai colori più accesi) sostituisce le balaustre e i parapetti dei dipinti tardo-quattrocenteschi – quali si possono vedere in molti lavori di Antonello da Messina, introdotti per aumentare il senso di profondità della composizione. Sia le rose sia i caprifogli sono però disposti in modo bidimensionale e, sebbene molto realistici nei dettagli, l’effetto d’insieme appare molto vicino ai pattern disegnati in quegli anni da William Morris per stoffe e parati.