NO, NON È UN BLOG DI GIARDINAGGIO
MA POTRESTE TROVARE QUEL CHE NON STATE CERCANDO


giovedì 31 marzo 2011

Venus Verticordia

Alla GNAM di Roma è in corso una mostra dedicata alla Confraternita dei Preraffaelliti - e alla loro filogenesi, per dirla in termini naturalistici. Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell'Italia nell'Inghilterra vittoriana si è aperta alla fine di febbraio e terminerà in giugno e indaga i rapporti tra la corrente artistica inglese nata nel 1848 e l’arte italiana; tralascia invece le ricadute che i principi estetici della Confraternita ebbero sulle arti applicate – forse un argomento troppo vasto, che richiederebbe un’esposizione a sé, poiché il movimento Arts and Crafts produsse oggetti d’arredo, stoffe, tappezzerie… e giardini pure.


Lo racconta benissimo proprio il dipinto di Dante Gabriel Rossetti scelto per promuovere la mostra: “Venus Verticordia” (1864-67). La figura fulvocrinita della Venere si stacca su una parete di rose; queste sono sostenute da un grigliato, appena visibile in alto, che deriva direttamente da quelli medievali, realizzati con verghe di nocciolo legate con salice, già alle spalle di “Madonne del Roseto” come quella di Martin Schongauer o di Stefano da Zevio. Le rose sono però moderne, probabilmente le bourboniane che ebbero grande fortuna nel periodo vittoriano, riconoscibili dalla forma a coppa del fiore, che si apre poi quartato. Una massa di fiori di caprifoglio (facilmente identificabile come Lonicera periclymenum, credo nella varietà “Serotina” dai colori più accesi) sostituisce le balaustre e i parapetti dei dipinti tardo-quattrocenteschi – quali si possono vedere in molti lavori di Antonello da Messina, introdotti per aumentare il senso di profondità della composizione. Sia le rose sia i caprifogli sono però disposti in modo bidimensionale e, sebbene molto realistici nei dettagli, l’effetto d’insieme appare molto vicino ai pattern disegnati in quegli anni da William Morris per stoffe e parati.



lunedì 28 marzo 2011

Vita in Primavera

Raccontando di Iris reticulata, accennavo al mazzolino di fiori primaverili che Vita Sackville-West ricevette da un’anziana vicina, mazzolino descritto in un articolo uscito sull’Observer il 26 febbraio 1950 (poi nella raccolta In Your Garden del 1951).

Si tratta di un mazzolino insolito sia per la scelta delle specie sia per l’accostamento dei colori, coraggioso quanto ben equilibrato. Credo valga la pena leggere l’articolo per intero.

«Questa settimana una cara vicina mi ha portato un tussie-mussie. Il dizionario definisce tuzzy-muzzy o tussie-mussie, come “bunch or posy of flowers, a nosegay” *, e poi aggiunge spicciamente che la parola è obsoleta. Mi rifiuto di considerarla come obsoleta. È una parola intrigante; l’ho sempre usata e continuerò a usarla, checché ne dica il grande Oxford Dictionary; e ora prenderò il tussie-mussie della mia vicina di casa come tema per mostrare ciò che l'ingegno, il gusto e la conoscenza possono produrre da un piccolo giardino, finanche in febbraio.

«La mia vicina ha molte difficoltà da affrontare. Non è giovane, è settantenne. Non ha alcun aiuto domestico. Il suo giardino è spazzato dal vento, e il suolo è la dura argilla del Weald del Kent. (Solo chi ha provato a fare giardinaggio sull’argilla tipica del Weald può apprezzare che cosa significa.) Un giardiniere a cottimo di tanto in tanto è tutto ciò di cui può disporre. Svolge da sé la maggior parte del lavoro. Eppure riesce a comporre un mazzolino come quello che sto per descrivervi.

«È composto di almeno cinque fiori diversi, tutti perfettamente scelti. Lei cerca sempre il meglio, il che sono sicura che sia il segreto del buon giardinaggio: scegliere sempre il meglio di ogni varietà che si desidera coltivare. Così, nel mazzolino che mi ha portato, le violette erano violette rosa, la varietà chiamata Coeur d'Alsace, e l’Iris Reticulata che aveva inserito era la varietà chiamata Hercules, che è più rossa della familiare viola e oro. I muscari erano i piccoli Azureus celesti, che fioriscono prima e sono più belli della varietà blu più tardiva. Il croco nel suo mazzo non era il giallo comune, ma aveva strisce marrone all'esterno, credo possa essere C. susianus oppure Moonlight, ma mi sono dimenticata di chiederglielo. L'anemone che aveva inserito doveva essere una fioritura straordinariamente precoce di Anemone St. Bavo, dai petali ametista e con il centro blu elettrico. Com’è saggia a coltivare Anemone St. Bavo al posto del più ordinario Anemone St. Brigid.

«La morale di questo articolo, se un qualche articolo di giornale può avere una morale, è che semplicemente mostra quello che potete fare se vi mettete d’impegno. Ho ricevuto molte lettere che chiedevano: “Ci dica che cosa possiamo fare in un piccolo giardino”. Il tussie-mussie della mia vicina di casa è la risposta. Lei coltiva quelle squisite cose in un piccolo spazio erboso di un quarto di acro sotto ad alberi di mele, e in qualche modo ottiene un effetto da arte orafa piuttosto simile al primo piano della Primavera di Botticelli. [I fiori] sono tutti bassi e splendenti e minuscoli, e non più difficili da coltivare rispetto ai loro parenti ordinari.

«Un giorno o l’altro devo scrivere un articolo che racconti il modo in cui la mia vicina ha disegnato il suo giardino, e forse anche quello che riesce a fare con la sua piccola serra senza riscaldamento. Rimarreste sorpresi.»

Per figurarci l'effetto d'insieme, prima c'è bisogno di qualche riga per descrivere le piante del mazzolino e aggiornarne i nomi.
Viola odorata “Coeur d'Alsace” quasi rosso ciliegia, si trova ancora oggi, anche se non è certo diffusissima. “Hercules” al momento invece sembra essere addirittura una delle varietà meno coltivate di Iris reticulata; color prugna, è nominata da Vita anche in Some Flowers, contrapposta all'azzurra “Cantab”, credo le uniche due cultivar allora disponibili: “The variety Cantab, a pale turqouise blue, flowers about a fortnight earlier [than the type] as a rule; Hercules, a subfusc ruby-red, comes at the same time as the type.Muscari azureum, oggi Pseudomuscari azureum, è pianta endemica turca facile da coltivare ma difficile da trovare. Crocus susianus, originario della Crimea, è sinonimo di Crocus angustifolius ed è oggi diffuso soprattutto nella varietà “Bronze Form”. Anemone St. Bavo è il nome commerciale di Anemone hortensis, specie spontanea del Mediterraneo, coltivata da secoli, ora scomparsa dai giardini, dove al contrario si preferisce la “più ordinaria” Anemone coronaria a fiore doppio o Anemone St. Brigid (A. De Caen è il gruppo a fiore semplice) oggi sul mercato. O tempora o mores.

Non coltivo questi fiori in giardino; allora, dopo averne raccolto le immagini sulla rete, per ricostruire il tussie-mussie di Vita uso un quadrato magico – o un carme figurato, fate voi – perché gli accostamenti di colore sono, come dicevo prima, fuori dall’esperienza (dal gusto) comune; e dunque c’è da imparare.


L’iris violaceo è la nota centrale; i suoi colori - prugna e oro - ricompaiono esattamente, ma con proporzioni invertite, nei fiori del croco. Il ciano del muscari si lega agli stami color cobalto dell’anemone, i cui petali richiamano invece i toni più brillanti della violetta. Il passaggio cromatico più ardito è tra i toni più scuri di questa e quelli più chiari accesi dalla luce sui petali dell’iris. Musica floreale.

Ne avessi mai l’occasione, per ammirare alla giusta distanza il “jewelled effect” realizzerei un’aiuola quadrata, rialzata da terra, dal bordo abbastanza largo da essere usato come seduta. Magari in pietra, e allora direi alta un cubito e con il lato di tre, per cercare di adeguarmi alla finezza da pennelli botticelliani che fiori così minuti mostrano gli uni accanto agli altri. E, per passare l’estate, molta nigella.

Qui sotto i link per vedere le piante complete:


 * [La traduzione di tussie-mussie in italiano è complessa, dal momento che il termine si riferisce a consuetudini britanniche; si potrebbe dire bouquet – che però è francese – o mazzolino di fiori e/o erbe odorose; bunch è l’equivalente attuale ma anche generico, dal momento che in origine (XV secolo) il tussie-mussie accostato al naso grazie al suo profumo doveva coprire gli odori sgradevoli (e dunque le malattie, secondo la medicina pre-scientifica), imparentandosi così al pomander, di cui abbiamo già parlato, che però conteneva spezie e non materiale fresco; dunque è un sinonimo di nosegay (to keep the nose gay, happy - concedetemi di tradurre con "far contento il naso") ma dall’etimo sconosciuto, forse duplicazione di tussy, a sua volta derivante da un termine che potrebbe aver significato ghirlanda o mazzolino, appunto. Ma l’Oxford English Dictionary non dà certezze. Posy si ricollega al significato metaforico di ghirlanda, corona (di fiori), ovvero raccolta di versi (poesy), con particolare riferimento alle frasi sentimentali da incidere su anelli o ciondoli (oggi negli incarti dei cioccolatini…). Il tussie-mussie in epoca vittoriana (ma anche fuori dall’Inghilterra, negli stessi anni: Francia, Russia…) è accessorio irrinunciabile delle dame di buon gusto, e persa (o ridotta) la prima funzione “beneodorante” diviene occasione per messaggi silenziosi secondo il “linguaggio dei fiori”, sul quale ancora oggi circolano manuali, ma che allora faceva parte dei giochi di società dell’upper class. (Mentre nello slang tra Sette e Ottocento significa vagina, secondo Jonathon Green, Cassell’s Dictionary of Slang, 2009 – vedete un po’ voi). Tant’è che tussie-mussie indica anche l’oggetto conico, per lo più in peltro o in argento cesellato (ma può divenire molto complesso e ricco), in cui si raccolgono i fiori del mazzolino, che è fissato tramite spilloni legati a catenelle; un anello all’estremità del cono permette di portarlo al dito. Oggi si usa ancora nei bouquet da sposa. A proposito del linguaggio dei fiori si veda: Tussie-Mussies, the Victorian Art of Expressing Yourself in the Language of Flowers, New York, 1993. Per un uso moderno del termine posy, chiedete a Barbra – vi dirà che “life here is rosy - if you're a posy”]

venerdì 25 marzo 2011

Iris reticulata - 02

Abbiamo lasciato Friedrich August Marshall von Bieberstein alle prese, nel 1808, con la prima edizione della Flora Taurico-Caucasica, che contiene, tra il resto, la descrizione del nostro Iris reticulata.

Già alcuni anni prima, nel 1797, il Bieberstein trovava posto come Ispettore alla Sericoltura per la regione caucasica; nel corso dei successivi due anni, torna a esplorare il Caucaso e sulla base delle osservazioni compiute redige un rapporto dettagliato circa la topografia, la storia, l'economia e la popolazione della regione – oltre che la flora e la fauna. Lo Zar Paolo I è così soddisfatto del lavoro che nomina Bieberstein Ispettore Capo per la Sericoltura di tutta la Russia meridionale, e, dopo soli due mesi, membro del Consiglio di Stato.

È da questa posizione, che, dopo aver sostenuto la richiesta del Duca Richelieu, governatore militare di Crimea, per la fondazione di un orto botanico (il cui decreto istitutivo sarà firmato dall’imperatore il 10 giugno 1811), ottiene che ne sia fatto direttore Christian von Steven (1781-1863), botanico svedese, già suo assistente dal 1800.

Il nuovo Orto Botanico Nikitsky (dal villaggio di Nikita, non lontano da Yalta) sarebbe dovuto essere innanzitutto un centro di sperimentazione per colture di valore agronomico, concepito per sfruttare il clima mite della penisola di Crimea. Grazie al lavoro di von Steven, andrà oltre, dando spazio sia a piante da frutto e ornamentali, sia a una raccolta di esemplari della flora locale. E dunque, se vedrà il successo delle coltivazioni sperimentali di tabacco, l’Orto sarà anche la prima dimora istituzionale dell’Iris reticulata.

Christian von Steven rimane in carica fino al 1824, quando la direzione passa al suo assistente Nikolaj Andreevich Gartvis. Questi, tra l’altro, rafforza i contatti con gli orti botanici americani ed europei, scambiando piante e semi. È così che possiamo trovare notizie della nostra Iris in Inghilterra nel 1833: “Siamo in debito con i signori Whitley, Brames e Milne, delle Fulham Nurseries, per l'opportunità di pubblicare un disegno di questa rara e bella Iris, che hanno ricevuto dal signor Hartwiss, [Николай Гартвис Nicholas Gartvis] Direttore dei Giardini Imperiali, a Nikita, in Crimea. Sembra che sia stato introdotto nei nostri giardini nel 1821, ma che la pianta sia stata poi perduta; e crediamo che non esista allo stato attuale in alcuna raccolta diversa da quella di cui sopra, dove è sbocciato nei primi mesi del marzo scorso”. (Robert Sweet, 189: Iris reticulata, The British Flower Garden, (series the second), London 1833). Si tratta probabilmente delle prime tracce lasciate da Iris reticulata in Europa occidentale.

Circa trent’anni dopo, su The Florist, Fruitist and Garden Miscellany, pubblicazione periodica londinese della metà dell’Ottocento, si legge: “Anche se non nuova, questa graziosa pianta non è poi così conosciuta come meriterebbe di essere, ci auguriamo quindi che il risalto dato in tal modo [pubblicandone un’immagine] possa essere utile affinché se ne parli ancora, il che sarà tutto ciò che serve per renderla una delle universalmente preferite. […] Siamo al corrente del fatto che il signor Handasyde [Glen Nurseries, Musselburgh, presso Edinburgo] intende iniziarne le spedizioni nel prossimo mese di settembre.”


In effetti una rapida descrizione con annessa incisione era già stata pubblicata sul terzo volume del 1848 de The Journal of the Horticultural Society of London, in cui si danno specifici consigli per la coltivazione e dove per la prima volta se ne paragona il profumo a quello delle violette. Dunque una pianta diffusa ma certamente non facile da ottenere quanto oggi. Non si parla ancora di cultivar selezionate, ma solo della specie originaria, almeno nel typus arrivato in Europa fino a quel momento.


Nel 1866, da quanto si legge sul volume 92 della Curtis's Botanical Magazine, Iris reticulata sembra ancora essere una pianta per veri appassionati: “I Royal Gardens sono indebitati per le piante qui raffigurate al colonnello Scott, R.E., che le ha procurate grazie al suo amico capitano Smith, R.E., un signore addetto al Telegraph Department di Persia; sono fiorite in una serra fredda nel marzo di quest'anno. La pianta è originaria della Georgia, Asia Minore, Kurdistan, Siria e Persia, e merita davvero di essere coltivata come fiore di primaverile di facile coltura”. Immaginiamo questi (non più giovani?) signori che si spediscono pacchetti di bulbi da un capo all’altro del mondo…


L’ineffabilità della presenza di Iris reticulata fuori dall’areale d’origine si riflette ancora nelle annotazioni di altre riviste, europee e americane. Un numero del 1859 de L'Horticulteur français de mil huit cent cinquante et un cita solamente l’articolo de The Florist, Fruitist and Garden Miscellany di cui si parlava prima. In Italia, nel 1892, La Rivista della Ortoflorofrutticoltura Italiana non va oltre alla riproposizione di un articolo tolto dalla Revue de l’Horticulture Belge et Etrangere dello stesso anno (su cui per altro compaiono finalmente due varietà accanto alla specie tipica)… La Working Farmer di Washington, in un numero pubblicato nel 1858, fa riferimento a The Journal of the Horticultural Society of London e parla di “a [plant] native of the Crimea, recently introduced into England”, tuttavia, ancora nel 1926, il Farmers' Bulletin n° 1406 del U. S. Department of Agricolture, sempre a Washington, riporta mestamente che “Il gruppo Reticulata può essere menzionato solo di passaggio perché non è praticamente disponibile per il coltivatore medio. Tuttavia, esistono, sparsi per la campagna, tanti giardini isolati in cui rimangono vecchi ciuffi, deliziando i proprietari in primavera con i loro fiori riccamente colorati”.


Pochi lo conoscono, ma chi lo incontra non può che innamorarsene. Sempre nel 1926 Vita Sackville-West raggiunge a Teheran il marito Harold Nicholson, diplomatico e giornalista, là nominato consigliere dal Foreign Office. Nei mesi trascorsi in Persia, Vita cerca i luoghi del passaggio di Alessandro il Grande e quelli … dove cresce l’Iris reticulata, naturalmente. Rimane delusa, incontrando solo narcisi e muscari, – questi "not worth bringing home, for, unlike the Italian variety, they were entirely without scent” (Twelve Days in Persia, 1928).

Ma la nostra iris l’ha segnata e sarà inclusa nel ristretto numero di piante (solo 25) di Some Flowers, volume pubblicato nel 1937 dove Vita descrive “flowers which painters have delighted, or should delight, to paint”. La scrittrice nomina due cultivar in commercio ("Cantab" e "Hercules") e rileva la grande variabilità della specie, citando anche gli studi del botanico W. R. Dykes, esperto di iris, che riceve nuovi bulbi dal Caucaso e ne sperimenta la moltiplicazione per seme (1, 2). Iris reticulata compare ancora in un articolo uscito sull’Observer il 26 febbraio 1950 (poi nella raccolta In Your Garden del 1951), come parte di un insolito mazzolino primaverile ricevuto da un'anziana vicina.

Oggigiorno la disponibilità di Iris reticulata sembra soffrire di schizofrenia; non è più necessario recarsi sul Caucaso o in Persia – o avere là un amico – per ottenere dei bulbi; infatti è possibile acquistarne da qualsiasi rivenditore di prodotti olandesi, anche al supermercato, ben confezionati e per poco denaro, sebbene rigorosamente senza nome. Tuttavia sembra che da anni (e ne sono passati trenta dalla prima volta che ne piantai) sia sempre la stessa varietà a essere disponibile per il “grande pubblico”, ovvero quella che ho identificato come “Purple Gem”. Le altre, almeno 15 oltre alla specie tipica, si trovano solo presso una manciata di vivaisti e sono raggiunti solo dagli appassionati.

Iris reticulata "Purple Gem"

(Lo Zar Paolo I si è reincarnato per suggerirmi via mail che le cause della scarsa fortuna di Iris reticulata andrebbero cercate nella brevissima durata della fioritura; e davvero i fiori sono effimeri quanto quelli dei crochi, inoltre, al contrario di questi, le I. r. ne producono uno solo per ciascun bulbo: basta un po' di pioggia o di vento secco e tutto è già finito. Tuttavia per me - e, se non avessi abbastanza credito, credo anche per la Sackville-West - è difficile trovare un fiore primaverile altrettanto precoce e altrettanto ricco: forma, colore, profumo... Non avessimo a disposizione le piante forzate in serra, ci riterremo molto fortunati ad averlo in giardino per accompagnarci fuori dall'inverno.)

A dire il vero qualcuno ancora ricalca i passi dei botanici d’assalto e torna con fiori dalle forme o dai colori nuovi per gli occhi occidentali – talora varietà riconosciute dalla sistematica ufficiale, talora solamente rappresentanti di diverse popolazioni che testimoniano, ancora una volta, la grande variabilità della specie. Per il piacere dei collezionisti. (1, 2, 3, 4, 5, 6) (D’altra parte molte varietà e sottospecie un tempo descritte separatamente oggi sono riunite sotto il nome I. r. subsp. reticulata o sono state elevate al rango di specie: var. atropurpurea, var. bakeriana, var. cyanea, var. histrio, var. histrioides, var. krelagei, var. kurdica, var. sophenensis; anche la specie I. hyrcana è stata fatta rientrare nella variabilità di I. reticulata).

Nel frattempo sono state classificate altre specie affini, e il gruppo Reticulata (i.e. dai bulbi ricoperti di tuniche reticolate) è divenuto abbastanza numeroso (oltre al giallo Iris danfordiae, da tempo sul mercato, vi sono Iris bakeriana, Iris histrio, Iris histrio ssp. aintabensis, Iris histrioides, Iris histrioides var. sophenensis, Iris kolpakowskiana, Iris pamphylica, Iris winogradowii); anche la specie già nota come Hermodactylus tuberosa, mediterranea anziché del Vicino Oriente, sembra mostrare forti affinità all’esame genetico. Alcune specie sono già entrate in coltivazione, direttamente o dopo aver dato origine a varietà (Iris histrioides "Major") o a ibridi, quali "George" e “Harmony” (entrambi da Iris histrioides x Iris reticulata) “Katherine Hodgkin” e “Sheila Ann Germaney” (entrambi da Iris winogradowii x Iris histrioides), “Lady Beatrice Stanley”… Un cesellatore di Iris reticulata è Alan McMurtrie, che dal 1983 incrocia diverse specie alla ricerca di tutti i toni dei colori che non siano il blu; i risultati li vedete qui: www.reticulatas.com; per acquistarli credo si debba andare a trovarlo (22 Calderon Cres. Toronto, Canada).

(continua da qui: iris-reticulata-01)

lunedì 21 marzo 2011

Tributo




Handel (arr. Somervell)
Spring is Coming
da "Ottone" HWV 15

Kathleen Ferrier, contralto
Gerald Moore, pianoforte
(registrazione: Abbey Road Studio n° 3, Londra il 20 aprile 1945)



"She was back in the studio the following spring [1945] for the two arias from Handel's Ottone. Although these have the entirely spurious translation of Arthur Somervell, which has nothing to do with the original italian text [...], they announce unquestionably Ferrier's gift as a Handel singer."
Alan Blyth, 1987 per la Emi.

venerdì 18 marzo 2011

Iris reticulata - 01

9 gennaio 1792, firma del Trattato di Iassy. La Russia vede confermato il proprio controllo sul Khanato di Crimea a spese dell’Impero Ottomano. Caterina II ottiene così un importante sbocco sul Mar Nero – e quindi sul Mediterraneo – ultimo frutto della politica di espansione verso sud iniziata da Pietro il Grande e proseguita da Anna I.

Nello stesso anno, Friedrich August Freiherr, nato a Stoccarda nel 1768 dall’antica famiglia dei Marschall von Bieberstein, originaria del Margraviato di Meissen, inizia il suo servizio nell’esercito russo in Crimea. Già studente alla Karlschule di Stoccarda (severa scuola militare fondata da Carlo Eugenio Duca di Württemberg per formare una fedele classe dirigente), potrebbe aver acquisito la passione botanica dal Duca stesso, le cui collezioni sono alla base degli attuali Landesarboretum Baden-Württemberg e Botanischer Garten der Universität Hohenheim. Sta di fatto che, giunto in Crimea, Friedrich ne studia accuratamente la vegetazione, erborizzando e catalogando. Nel 1796 torna a San Pietroburgo, ma subito è richiamato sulla costa occidentale del Mar Caspio, dove Caterina la Grande è appena uscita vittoriosa da una guerra per la supremazia sulla regione contro l’Impero Persiano; qui Friedrich esplora il territorio intorno alla città di Baku raccogliendo nuovo materiale e l’anno successivo pubblica “Tableau des provinces, situées sur la côte occidentale de la mer Caspienne entre les fleuves Terek et Kour”. Completa poi l’esplorazione del Caucaso durante altri tre successivi viaggi, nel 1798 e negli anni 1802-1805. Finalmente, nel 1808, raccolte circa 2000 fanerogame, pubblica la "Flora taurico-caucasia, exhibens stirpes phanerogamas in Chersoneso taurica et regionibus caucasiscis sponte crescentes”, primo studio critico della ricchissima flora di quella regione. Pubblicazione che rende nota al mondo occidentale l’esistenza di quel gioiello che è Iris reticulata (fa molto di più, ovviamente – ma oggi è il giorno dell’iris).

La stessa specie i cui discendenti orticoli, confezionati in buste anonime ma molto colorate, lo scorso autunno, in un momento di rivalsa verso chi li aveva appena definiti di scarso valore poiché di breve fioritura, furono, con un semplice gesto, oggetto di un mio acquisto d’impulso che ora – per altro senza grande pentimento – cerco di espiare raccontando.

Iris reticulata "Purple Gem"

Allora, resa forse più esplicita l’abbreviazione "M.Bieb." che almeno nei testi più attenti segue il nome della specie, vediamo cosa si intende con la dizione “originaria del Caucaso”. Lo facciamo in compagnia di un altro botanico d’assalto, il lettone Friedrich Alexander Buhse (1821-1898), che, nel 1860, pubblica "Aufzaehlung der auf einer Reise durch Transkaukasien und Persien gesammelten Pflanzen in Gemeinschaft", resoconto naturalistico di un viaggio compiuto dal febbraio 1847 al giugno 1849, per conto dell’Imperial Orto Botanico di San Pietroburgo. (Il più antico di Russia, fondato da Pietro il Gande nel 1714, oggi conosciuto come Orti Botanici dell’Istituto Komarov). Il lavoro esce in collaborazione con Pierre Edmond Boissier, che Buhse consulta per la determinazione delle specie. Boissier aveva già studiato la flora del vicino oriente e pubblicato le "Diagnoses plantarum orientalium novarum" (1842-1859).

Partito da Mosca, Buhse scende a Ekaterinograd, raggiunge Vladikavkaz, supera la catena del Grande Caucaso, per iniziare, raggiunta la Georgia, la vera esplorazione scientifica. Attraversa i territori degli attuali Armenia, Azerbaijan e Iran, annotando giorno per giorno le specie botaniche più significative incontrate. Pur nella difficoltà (mia) di rintracciare il corrispettivo attuale dei nomi delle località, trascritti dal Buhse da vari alfabeti e da varie lingue in tedesco, posso dirvi che esemplari fioriti di Iris reticulata furono segnalati sulle montagne presso Tbilisi e Goychay (credo) tra marzo e aprile 1847; ancora sulle alture sopra Qazvin nel marzo 1848; sui Monti Talysch nell’aprile dello stesso anno; sui pendii boscosi di Gorgan tra gennaio e febbraio 1849.

La distribuzione dei siti annotati di Buhse ha forma di S coricata, e segue prima il versante meridionale del Grande Caucaso, riparato dalle cime più alte contro i venti settentrionali, si snoda in corrispondenza dei Monti Talysch e prosegue lungo le pendici settentrionali dei monti Elburz, temperate, rispetto all’arido altipiano iraniano retrostante, dalla presenza del Mar Caspio.


Visualizzazione ingrandita della mappa

Dalla descrizione della Valle di Ketul (località non lontana da Gorgan che non sono riuscito a identificare), ci si può figurare facilmente l’ambiente in cui fiorisce Iris reticulata. All’imbocco della valle, racconta il Buhse, lungo le sponde del fiume, crescono alcuni esemplari di Cercis siliquastrum in piena fioritura. Più in alto la foresta di latifoglie è sostituita da conifere (Buhse parla di Biota orientalis = Thuja o. = Platycladus o. che è spontanea della Cina, ma si è naturalizzata in Medio Oriente; nella fotografia al link precedente si vede invece Juniperus excelsa subsp. polycarpos, proprio dei Monti Elburz). Verso la sommità dei colli “la vegetazione [è quella] tipica delle regioni sub-alpine”, tra cui “Anemone apennina, Ranunculus edulis, Corydalis marschalliana, Tussilago farfara, Iris reticulata ecc L'unica novità è stata Astragalus subalpinus.” [detto fra noi, uno splendore di gialli, blu, azzurri, lilla…]. L’anno prima, sui Monti Talysh, la situazione è analoga: mentre “il pendio è estremamente ripido e sterile, al contrario, a una maggiore altitudine, in prossimità della neve, in tutti i prati sono diffusi ovunque Iris reticulata, Crocus biflorus, Merendera sobolifera” che sfruttano la disponibilità d’acqua dovuta allo scioglimento della neve per fiorire e vegetare. Non diversamente si presentano a fine inverno i prati alpini italiani, costellati di crochi, scille eccetera.

Una descrizione che dovrebbe aiutare anche i giardinanti nella scelta del luogo migliore in cui far crescere i propri iris: un sito che eviti gli estremi di caldo e di freddo, umido in primavera, asciutto in estate, ben drenato e soleggiato. … Troppo? Non disperate: si tratta di piante robuste e adattabili, nonostante l’aspetto fragile dei fiori.

Ho trovato poche immagini di Iris reticulata nel loro ambiente naturale; non tutte sono di buona qualità – ma ritengo siano comunque significative; provengono da varie località iranianie tranne l'ultima, scattata in un sito presso Erzurum, in Turchia. (1, 2, 3, 4, 5, 6). La specie è presente anche in Iraq e inoltre è stata segnalata in Pakistan, sebbene senza riscontri in tempi recenti.


(Tutte le determinazioni fatte da Buhse andrebbero verificate sulla base della nomenclatura oggi accettata, analizzando i campioni d’erbario; non è possibile dire qui se, ad esempio, le piante da lui osservate in Iran fossero Iris histrioides, o Anemone blanda anziché Anemone apennina o Iris reticulata ecc.).

(Una nota a parte su “Aufzaehlung der auf einer Reise durch Transkaukasien und Persien gesammelten Pflanzen in Gemeinschaft”: secondo Diane Mellyn O’Donoghue si tratterebbe proprio del libro ricordato da Sigmund Freud a proposito del “Sogno della Monografia Botanica” analizzato nel capitolo V de “L’interpretazione dei sogni”).

Diane Mellyn O’Donoghue. Lingua Flora: Deciphering the «Dream of the Botanical Monograph» // American Imago. — Volume 62, Number 2, Summer 2005. — Pp. 157—177.



(continua qui: iris-reticulata-02)

giovedì 17 marzo 2011

150

Come le cose di natura, le opere sopravvivono rimanendo in equilibrio dinamico. Fragilità intrinseca.

Tulipa "Estella Rijnveld"

(Tulipa "Estella Rijnveld")

venerdì 11 marzo 2011

Crocus biflorus subsp. isauricus "Spring Beauty" (forse)

Crocus biflorus subsp. isauricus "Spring Beauty" (?)

Acquistati come Crocus “Prins Claus”, cultivar di Crocus chrysanthus dal perigonio bianco, marcato da tre decise pennellate color indaco all’esterno. In questo caso invece il colore di base è il lilla, mentre all’esterno la macchia si sfalda in striature più o meno marcate. E le dimensioni sono inferiori a quelle del Crocus chrysanthus. Potrebbe trattarsi di Crocus biflorus (indicative le striature) ssp. isauricusSpring Beauty”, cultivar dai colori più intensi della media, pur nella grande variabilità della specie. (1, 2, 3, 4, e soprattutto qui: 5)

Ma la gola del fiore non è così marcatamente gialla come dovrebbe e il distintivo profumo è appena percettibile. Allora forse si tratta di Crocus minimus, specie endemica di Corsica, Capraia e Sardegna, priva di profumo e di tracce di giallo nella corolla. Carattere discriminante in questo caso è il rivestimento del bulbo-tubero, avvolto da “guaine membranose” in C. biflorus e da “fibre filiformi non reticolate” in C. minimus (Sandro Pignatti, Flora d’Italia, 1982)… Pare proprio che dovrò attendere che i crochi entrino in riposo prima di soddisfare la mia curiosità – scoprire i bulbi adesso sarebbe rischioso per le pianticelle.

Certamente la determinazione sarebbe più semplice, basandosi sulla sola corologia, se avessi incontrato i fiori nel loro ambiente naturale – ma si tratta di piante coltivate, senza patria si può dire, frutto per lo più di una selezione dalle finalità estetiche, che spesso premia l’eccezionale o almeno l’inconsueto – piante che dunque si allontanano dai caratteri medi, quelli ritenuti tipici della specie.

Un’occasione per ricordarci come i concetti di specie o di genere, così come tutta la tassonomia, appartengono a un sistema descrittivo che abbiamo applicato alle cose di natura per poterne parlare? (per non farcene spaventare?) Mentre la realtà degli individui è troppo complessa e sfuggente per essere contenuta in una chiave dicotomica? Intanto godiamoci i nostri fiori – che però senza nome sembrano ancora più effimeri.

Crocus biflorus subsp. isauricus "Spring Beauty" (?)

sabato 5 marzo 2011

Amo uno snaturato? - Prunus campanulata

Leggere favole è un’attività dagli effetti perniciosissimi, non diversamente dall’essere contagiati da una malattia a lunga incubazione. Basta che nella prima età, la più recettiva, si venga a contatto con poche pagine e subito una selva di simboli si insinua e trova dimora negli spazi tra i desideri e le azioni, dove matura e si accresce legando figura a figura, emblema a emblema fino a manifestarsi concretamente in un nostro preciso atto che invece noi crediamo con arroganza frutto di una decisone ben ponderata o addirittura, al contrario, chiamiamo ingenuamente “moto spontaneo”.

Prunus campanulata カンヒザクラ

Accade allora che certe precise parole (“color cremisi rubino intenso”) e non altre si stacchino per noi dense e luminose sulle righe scritte da Ippolito Pizzetti* nel descrivere le qualità del Prunus campanulata e ce lo facciano desiderare così intensamente da non sapervi rinunciare, solo perché molti anni prima cercavamo pure noi di figurarci le meraviglie viste da Aladino mentre, sceso nel sotterraneo alla ricerca della lampada magica, sosta nel giardino dagli alberi che hanno pietre preziose per frutti…

 (Istoria di Aladdin, o la Lucerna maravigliosa, in Le Mille e una Notte. Novelle Arabe, tradotte in francese da Antonio Galland, versione italiana nuovamente emendata e corredata di note, Francesco Rossi Editore, Napoli, 1852, p. 461)

Prunus campanulata カンヒザクラ

La follia, una volta dichiaratasi, non dà requie. Si sfogliano cataloghi, si visitano mostre, si frequentano vivai, si logorano vivaisti alla ricerca del nostro ideale fatto pianta, metodici e inesorabili. Con Prunus campanulata ho fortuna; introvabile sul mercato, scopro che ne crescono alcuni esemplari nel parco di Villa Taranto grazie a un articolo di Stelvio Coggiatti, che ne racconta la storia e ne spiega la rarità.

«È impossibile contare il numero di fiori di Prunus campanulata che tra metà gennaio e metà febbraio (nel mio giardino romano) formano una fitta, ampia nuvola rosa intenso. È il dono che anni fa ebbi a conclusione di un soggiorno a Villa Taranto dal nobile scozzese Neil McEacharn, capitano dei lancieri della regina; un suo antenato fu duca di Taranto, da cui il nome della Villa Taranto di Pallanza sul lago Maggiore. Di questa, negli anni Trenta, McEacharn è stato ideatore e progettista, coordinando finché visse (1964) l’acquisizione e l’impianto di quel selezionatissimo patrimonio botanico.
Meglio non si potrebbe descrivere Prunus campanulata se non con le parole adoperate da McEacharn nel suo volume “The Villa Taranto – A Scotsman’s Garden in Italy” Country Life Ltd., London 1954.
“È senza dubbio il più spettacolare ciliegio da fiore di villa Taranto; benché consigliato per climi più miti, a Pallanza, in un susseguirsi di inverni freddi, ha superato senza danno temperature che si alternavano tra -5 e -10 °C. in marzo, all’apparire dei fiori, l’albero dà spettacolo con una fitta nuvola rosa carminio che vince ogni altro ciliegio. Nel 1936, otto giovani esemplari alti mezzo metro mi vennero offerti dai Giardini Botanici di Kew; hanno fiorito fin dall’anno successivo, ma la fruttificazione che portò i primi semi avvenne soltanto nel 1951”.
[…].
Nel clima di Roma, negli ultimi vent’anni la fioritura è avvenuta tra la seconda metà di gennaio ed inizio febbraio.»

(Stelvio Coggiatti, Con i suoi fiori luminosi annuncia la primavera, Gardenia, giugno 1994, n. 122, anno XI, pp. 126-127)

Durante uno dei pellegrinaggi al Mini-Arboretum chiedo aiuto a Guido Piacenza, che, con grande disponibilità, fa in modo di ottenere alcune marze da Villa Taranto. Così che la primavera successiva – è il 1997 – entro finalmente in possesso di due giovani esemplari del ciliegio dai fiori color rubino. Che, per mettere alla prova la mia devozione, muoiono dopo pochissimi anni – forse per il portainnesto inadatto al terreno della Valpolicella, forse per un attacco di cancro rameale. Non potendo più affidarmi ai generosi uffici del Mini-Arboretum, che nel frattempo ha chiuso l’attività, mi rivolgo direttamente a Villa Taranto. Vengo a sapere che nei primi giorni d’apertura del parco sono messi in vendita gli esuberi delle piante moltiplicate dai giardinieri, comprese le varietà più rare. La settimana dopo parto, visito, acquisto e torno – soddisfatto e insieme apprensivo pensando che presto traslocherò portandomi dietro quanto possibile del vecchio giardino – Prunus campanulata compreso. Ma gli dei questa volta si mostrano benevoli e (gesti apotropaici) la nuova pianta cresce velocemente e fiorisce generosa. Anche sotto l'ultima neve.

Prunus campanulata カンヒザクラ

E tutti vissero felici e contenti?
Direi di sì – tuttavia manca ancora la morale della favola: quel che a sinistra è raro, esotico e misterioso, a destra…

Un po’ di enciclopedia.
Prunus campanulata cresce spontaneo sulle colline di Taiwan (1, 2) – da cui il nome inglese di Taiwan Cherry. La specie è diffusa anche nelle provincie costiere della Cina e nell’arcipelago delle Ryūkyū, ma non è sicuro se le popolazioni giapponesi siano spontanee o se invece derivino da esemplari introdotti in tempi lontani. In ogni caso, nella città di Nago nella prefettura di Okinawa, il Kanhizakura (カンヒザクラ Ciliegio Scarlatto del Freddo), ha un posto preminente nella Festa dei Ciliegi: Nago è la località in cui la fioritura dei ciliegi inizia per poi spostarsi verso le regioni più fredde, seguita con passione dai giapponesi grazie ai bollettini quotidiani, e Prunus campanulata è il primo a fiorire tra tutti, e per questo molto amato, tanto che ne sono state selezionate oltre quindici varietà, alcune con fiori doppi, altre con petali rosa chiarissimo, queste derivate dall’incrocio con Prunus lannesiana, tutte con nomi dalla capacità evocativa tipicamente giapponese: Ciliegio del Giorno Più Freddo, Ciliegio del Primo Regno, Ciliegio del Primo Giorno di Primavera… Altre ancora - o forse le stesse, ma con diversi nomi, sono collezionate in Cina.
Più spesso a portamento arbustivo, può essere allevato come piccolo albero alto tra i cinque e i sette metri. Le foglie assumono toni giallo aranciati negli autunni più miti – tuttavia, se le temperature cadono improvvisamente, virano subito al bronzo. Analogamente, in primavera i fiori sviluppano petali più ampi quando le temperature e l’umidità dell’aria sono elevate, relativamente alla stagione precoce. È ospite specifico dei bruchi di una farfalla licenide endemica di Taiwan.
I frutti sono rossi, ogivali, di un paio di centimetri di lunghezza. Dalla California ci assicurano che the plums are either eaten fresh or used to make a delicious jelly. In Europa, per mancanza di impollinatori specifici, i frutti compaiono raramente. Oltre che da insetti, i fiori sono visitati da uccelli appartenenti al genere Zosterops (Z. japonicus, Z. palpebrosus), attratti dal colore acceso dei fiori e soprattutto dal nettare abbondante disponibile già alla fine dell’inverno (a Nago la fioritura quest’anno è iniziata durante la prima settimana di gennaio). Anche le cinciarelle che frequentano il mio giardino apprezzano molto il nettare del P. c., ma, non disponendo di un becco abbastanza lungo e sottile, per raggiungerlo strappano e stracciano i fiori. Ingrati uccelletti.

Cyanistes caeruleus

Le qualità ornamentali e la capacità di attirare gli uccelli hanno fatto conoscere a P. c. i giardini della costa occidentale degli Stati Uniti (per i colibrì), così come quelli d’Australia e ancor più quelli della Nuova Zelanda, dove sono selezionate le varietà "Felix Juri" e "Superba" e dove prende il nome di Tui-Tree, poiché è frequentato dal Tui (Prosthemadera novaeseelandiae), uccello popolare per l’intelligenza e la capacità di imitare i suoni – compresa la voce umana.
Proprio in Nuova Zelanda, tuttavia, il nobilissimo ciliegio diviene rapidamente una pianta infestante; il clima favorevole, la mancanza di competitori, la presenza di uccelli che favoriscono l’impollinazione e la dispersione dei semi fanno sì che P. c. invada macchie e margini dei boschi impedendo lo sviluppo delle piante locali e causando tali disordini che le autorità decidono di bandirlo dal regno estirpandolo o avvelenandolo di diserbante ovunque osi comparire - 1, 2, 3.

A occhi spietati, il più bello degli alberi che crescono nel giardino della Lampada Meravigliosa  appare solo come un invasore. Di certo non avranno letto favole.





*Pianta di notevole bellezza, è diverso da ogni altro P. le foglie sono obovate, i fiori, penduli, di squisita forma a campanula […], a gruppi di 2-6; hanno petali color cremisi rubino intenso a margine profondamente intagliato. Al centro spiccano gli stami con le antere giallo brillante; il calice ha colore più scuro dei petali. […]. Questa specie fu introdotta in Europa nel 1899, ma dopo alcuni anni andò perduta, e fu reintrodotta dal Giappone nel 1915. In Italia, a Villa Taranto, fu coltivata nel 1938.
Enciclopedia dei fiori e delle piante, Garzanti – a cura di Ippolito Pizzetti.

Prunus campanulata カンヒザクラ

Prunus campanulata カンヒザクラ

Prunus campanulata カンヒザクラ

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Al nome Prunus campanulata riportato sui cataloghi di alcuni vivai corrisponde nella realtà Prunus “Okame”, selezione ottenuta dall’incrocio con Prunus incisa. Si tratta comunque di una varietà molto bella. - 1, 2, 3, 4.

Molti esponenti del genere Prunus, tra cui P. c., sono stati trasferiti nel genere Cerasus.

Esemplare di Zosterops filmato mentre si ciba sui fiori di Prunus campanulata a Taiwan.