NO, NON È UN BLOG DI GIARDINAGGIO
MA POTRESTE TROVARE QUEL CHE NON STATE CERCANDO


lunedì 31 maggio 2010

Peonie erbacee

Paeonia

Il vento le strazia, il caldo le sciupa, la pioggia le sfa. Quando è il momento, i petali cadono gli uni sugli altri con un unico gesto, in un eccesso di languore o di tedio.

Sono fiori di artificialità orientale, le peonie.

Le doppie appaiono soffici e scomposte, di una morbidezza invitante; nelle altre anche la semplicità è studiata, mentre la forma precisa e altera è tradita dall'arruffo degli stami.

I rosa sono luminosi, vibranti; i bianchi diafani mantengono l'ultima consistenza virando alla base verso un giallo caldo e tuttavia ancora sfuggente; la gamma dei porpora è amplissima, ma anche il tono più scuro conserva le qualità cangianti del raso di seta.

Tanto effimero è il fiore, tanto longeva è la pianta. Non disprezzatela se avrà impiegato due, tre o più anni per produrre una fioritura abbondante: la peonia misura la propria vita in decenni e attraversa le generazioni.

Non accontentatevi di una sola varietà, ma non mescolate i colori a caso: accostate il cremisi al carminio e al bordeaux, separate il rosa conchiglia dal rosa salmonato*, deliziatevi con tutte le variazioni del bianco e soprattutto piantatele in massa, da potervi camminare in mezzo, da poterne assaporare la sontuosità. Perché anche il profumo attraversa tutti i gradi di intensità, pur rimanendo sofisticato e squisito. Talvolta va cercato tra i petali, talvolta satura l'aria d'intorno, denso, dolce, stordente.

Sono fiori al limite della voluttuosità: ancora un grado e sarebbero volgari. È un caso che abbiano appassionato, dopo la Cina più antica, anche la Francia, durante tutte le vicende del Romanticismo? Ah, le peonie di Manet!

Paeonia

Si coltivano soprattutto piante di Paeonia lactiflora, cinese d'origine ma selezionata dai francesi in centinaia di varietà. Raro invece è incontrare nei giardini la principale specie europea, Paeonia officinalis, con le sue varianti doppie, rosa, bianche e porpora, forse più rustiche per aspetto ed esigenze (ma l'improvviso splendore di una peonia selvatica tra l'erba alta non si dimentica presto).

Paeonia

Paeonia

Paeonia

Paeonia

* soprattutto perché il salmone in giardino è gradevole solo se affumicato e ben servito...

mercoledì 26 maggio 2010

Di ciò che cresce nei giardini di Bassano

Bassano 2010

Una festa della comunità di Bassano, domenica scorsa alla VIII edizione di Rose in Villa Giusti. La mostra floreale ospitava infatti la premiazione dei partecipanti alla manifestazione Giardini a Bassano, organizzata dalla Pro Loco. E i vincitori, acclamati sia dalla giuria popolare sia da quella tecnica, sono stati i ragazzi dell'Istituto Professionale per l'Agricoltura Alberto Parolini, che presentavano la rivisitazione di un orto-giardino rinascimentale, ideato in onore di Jacopo da Bassano, nei giorni in cui al pittore si dedica una efficace mostra, con importanti prestiti, al Museo Civico*. Nei giardini, si coltivano molte cose**.

L'ambiente era così festoso che non era certo richiesta l'origine bassanese per sentirsi accolti e partecipi. Nei giardini, accadono cose strane - e spontaneamente.

Effetto della bellezza? Quella di grado elementare, che cattura senza mediazioni, propria dei fiori? Quella rassicurante degli alberi secolari? Il parco e le piante esposte formavano un accordo consonante così naturale da mostrare che la presenza dell'uno e delle altre avevano origine comune, nascendo dai medesimi propositi: gli stessi dei giardini desiderati e vissuti.

...

Bassano 2010

Un suggerimento agli espositori, se potessi darlo: prima di descrivere le vostre piante, raccontatele. Hanno una storia, un paese d'origine e spesso sono frutto della pazienza di un ibridatore. O della vostra, che le avete cercate, collezionate, moltiplicate. Poi verranno le indicazioni sulle dimensioni, la distanza di piantagione, i consigli di coltivazione. 

Bassano 2010

Se, ascoltando il racconto, anche il visitatore vorrà partecipare alla storia, acquisterà conoscenza, consapevolezza - e probabilmente anche la pianta... Dal racconto, trarrà forse occasioni per comprendere come il semplice fiore, che coltiva da sempre in giardino, abbia relazioni con luoghi o tempi molto lontani, come il giaggiolo ereditato dalla nonna già comparisse nei dipinti di Hugo van der Goes o di Hans Memling. E al piacere immediato della bellezza si sommerà quello compiuto della storia***.

Bassano 2010


* Fino al 13 giugno
** Anche la musica dell'orchesta giovanile J. Vittorelli Band-Orchestra, diretta dal maestro Michela Battocchio
*** A dimostrazione, gli sguardi di meraviglia dei visitatori nel riconoscere le proprie piante - e nello scoprirne molte altre - nella mostra dedicata all'iris allestita dalla dottoressa Rosa Camoletto, dell'Università di Torino, all'interno della villa.

lunedì 17 maggio 2010

La necessità della Rosa - Rosa foetida e Redouté

Agli appassionati: per trovare le tavole di Pierre-Joseph Redouté dedicate a questa rosa, nella famosa serie di aquarelli per l'Imperatrice Josephine, dovete cercare Rosa eglanteria e R. e. varietà punicea. Infatti, sotto il nome Rosa foetida, trovereste qualcosa che per alcuni è invece Rosa collina (R. canina var. collina, che avrebbe i frutti "maleodoranti"), mentre l'attuale Rosa eglanteria è raffigurata sotto il nome di Rosa rubiginosa (ora considerato sinonimo) a scelta in otto varietà... Confusi? La botanica sistematica più esoterica tratta spesso di simili questioni "araldiche" di discendenze e ascendenze e parentele legittime o illegittime tra le piante; ha anche il suo Almanacco di Gotha, che all'atto della consultazione procura altrettanto piacere di quello, ai non iniziati - è l'Index Kewensis. Ma in effetti tutte queste specie hanno davvero, per noi mortali, una caratteristica comune: come si diceva, non odorano di rosa*...

Rosa foetida bicolor

Allora, chi ha ragione - Bernardo o Guglielmo? "Stat Roma** pristina nomine, nomina nuda tenemus" oppure "That which we call a rose / By any other word would smell as sweet" ?

Ma infine, importa davvero?

(Questo post fa seguito a quello dello scorso 15 maggio, già sulla Rosa foetida).


*Rosa eglanteria, Sweet Briar, sa di mela verde, dicono i Britannici
**sì, Roma - poi con l'Eco è diventata rosa.

sabato 15 maggio 2010

La necessità della Rosa - Rosa foetida bicolor

Rosa foetida bicolor

Le montagne del Caucaso, che incardinano l'una con l'altra Europa e Asia, costituiscono una regione ricca di specie endemiche, animali e vegetali; di altre sono l'areale d'origine, come si definisce il luogo in cui una specie, come noi la conosciamo, ha preso fisionomia per poi diffondersi nei territori vicini. O lontani, se interviene l'uomo. Abbiamo già visto il caso di Paeonia mlokosewitschii e col tempo ne vedremo altri. Oggi si parla di Rosa foetida bicolor.

In Europa è conosciuta almeno dal XVI secolo - Carolus Clusius durante il soggiorno alla Corte Imperiale di Vienna ne registra la presenza in Austria - e oggi, Oltralpe e ancor più Oltremanica, sono numerosi i nomi comuni con cui è chiamata, tra i quali i più usati, ricordando il Clusius, sono "Austrian Briar" e "Austrian Copper". Da noi, senza sorprese, non ne ha proprio, di nomi comuni...

Ha meriti? Storici, senza dubbio: la forma spontanea (Rosa foetida) ha fiori gialli e semplici, ma si coltiva ancora la varietà a fiori doppi detta R. f. persiana, che ornava appunto i giardini di Persia, molto prima dei nostri; proprio grazie a essa il giallo fu introdotto nella gamma dei colori delle rose da giardino, attraverso "Soleil d'Or", ibrido ottenuto da Pernet-Ducher nel 1898. E, con l'aggiunta del giallo, i rossi porpora cominciarono a virare verso i rossi geranio, fino alle contemporanee rose da autostrada, rosso assoluto... forse questo non va annoverato tra i meriti però...

Allora, perché coltivarla? La pianta ha portamento un po' rigido, con spine aghiformi e fogliame minuto, verde chiaro: passa inosservata per la maggior parte dell'anno - ma è incomparabile durante la fioritura. Se vi piace l'arancione! Perché il colore dei fiori è più vivido di qualunque melograno, bignonia o azalea mollis abbiate visto. È vibrante, grazie all'accostamento di più toni, che vanno dal giallo degli stami e della pagina inferiore dei petali (da cui l'appellativo bicolor) all'ambra dei pistilli, mentre lo stesso arancione, soprattutto nei fiori sbocciati in giornata, appare cangiante in sfumature assurdamente violette, grazie all'effetto di rifrazione della luce sulla lieve rugosità dei petali. E, proprio perché l'insieme è così vivo, gli accostamenti con gli altri colori riescono più armoniosi rispetto a quanto accade per i rossi o rossi-arancio più moderni e comuni - piatti e artificiali perché puri. Con "Austrian Copper" invece legano tanto i rosa-lilla quanto i lavanda e persino i porpora. I fiori dell'Iris pallida offrono un validissimo accordo di complementari.

Bene, si dirà - ma perché foetida, puzzolente? Perché, essendo una rosa, ci si aspetta che di rosa odori o almeno che ricordi il caprifoglio o la violetta o la melissa o il tè o le spezie o la mirra o qualunque altra fragranza a cui, di volta in volta, quelle delle rose sono accostate; ma non la rosa del Caucaso. Le sue foglie e ancor più i germogli emanano un profumo resinoso, simile a quello di Rosa primula, parente prossima. L'odore dei fiori invece è stato paragonato a quello delle cimici (nego fermamente) o a quello della volpe (ammetto di non averne esperienza): comunque sgradevole. Ma non è così: tralasciati il nome Rosa e i pregiudizi e le etichette, sperimentato "a occhi chiusi", si può scoprire un profumo certo insolito, ma affascinante, capace di attirare e respingere insieme. Forse della stessa categoria del profumo delle peonie. O di certi tulipani. Direi un odore di sūq: complesso, un po' animale, un po' vegetale - molto umano...

Rosa foetida bicolorRosa foetida bicolor

giovedì 13 maggio 2010

Notte di Luna Nuova

Bufo bufo


Ed è tornato il più prezioso degli alleati nel tempo dell'Oziorrincomachia.

Gli oziorrinchi si spostano lenti, la notte, sicuri nella loro corazza nera, liscia e dura. Salgono dai nascondigli verso i vostri tesori e ne fanno metodico scempio.
Cercate di afferrarli - si lasciano cadere tra le fronde; disperati ricorrete al veleno? Scorre loro sopra, a meno di usarne così tanto da sterminare ogni vivente dei dintorni.
Ma dopo una giornata - più d'una... - umida, ecco che lui ritorna - e li elimina, a uno a uno.

Il becco dei merli scivola sulle elitre bombate, ma la lingua del rospo (Bufo bufo) invischia l'insetto senza scampo; la truppa delle forficole penserà alle larve...

L'alleato però è esigente: terra soffice, foglie morte, molta umidità e soprattutto nessun pesticida nel vostro giardino.

Se volete sapere di più sull'oziorrinco, andate qui.

Se volete sapere come Ippolito Pizzetti combatteva l'Oziorrincomachia sul proprio terrazzo, leggete qui.

E poi andatevi a leggere tutto quel che trovate di Ippolito Pizzetti, il che non mancherà di fare molto bene a voi e al vostro giardino.


Esistono metodi biologici di lotta all'oziorrinco; non li ho ancora provati, ma, in mancanza di rospi, sarà preferibile farvi affidamento piuttosto che ricorrere agli esteri fosforici...

Dall'Orto di Sara

Ecco della felicità ben coltivata.

















Come racconta Pia Pera.

E per la fotografia un grazie a Bruno. Anche due.

martedì 11 maggio 2010

I molli prati di Ogigia

"Parlare di rose e di peonie è facile", mi rimbecca l'altra sera Dona Flor - nell'occasione senza neppure uno dei suoi due mariti. "A chi non piacciono le rose? Forse qualcuno non ama le peonie, ma, con fiori così appariscenti, basta poco per dare a un articolo un minimo di interesse". E in effetti Dona Flor, più di quel che scrivo, sembra apprezzare le fotografie che accompagnano i testi; non lo dice, ma il giudizio traspare dai modi un poco beffardi. E il giudizio ha qualcosa della sfida.

...

erano in fiore; a venir qui anche un nume immortale
doveva incantarsi guardando, e godere nel cuore.
Fermo, dunque, ammirava il messaggero Argheifonte.
 
Odissea, V, 72-75* 

L'isola di Ogigia possiede forse il paesaggio più suggestivo dell'intera Odissea; al confronto, Scherìa dalle fertili zolle, che i Feaci coltivano, manca di mistero: là tutto è chiaro e ordinato, i raccolti si susseguono senza alterazioni. Nell'isola di Calipso la vegetazione non è domata; è sì rigogliosa e accogliente come in un giardino, ma tuttavia ancora spontanea: è la seduzione della ninfa.

Ora, immerso in tutta questa meraviglia, il fatto che un dio, pur pragmatico come Ermete, sosti anche un solo istante a contemplare un campo di sedani (le viole nascoste sotto le piante più alte) è un quadro che fatico a figurarmi. E forse qualche perplessità l'aveva anche il Pindemonte, che ai giardini e al paesaggio rivolgeva più di un pensiero, se dalla sua versione il sedano lo sradica del tutto, lasciando solo le viole:

[...] e di viole
ricca si dispiegava in ogni dove
dei molli prati l'immortal verzura.
Questa scena era tal, che sino a un nume
non potea farsi ad essa, e non sentirsi
di maraviglia colmo e di dolcezza.

Che selinon significhi sedano e ion viola, è dichiarato dagli studi di etimologia; non sempre però l'applicazione alla botanica di queste ricerche è immediata; accadeva infatti che lo stesso nome fosse adottato per piante tra loro diverse ma in qualche modo simili nell'aspetto, o usate per gli medesimi scopi - culinari, terapeutici eccetera. I rimedi alle possibili confusioni giunsero in tempi molto vicini a noi rispetto all'Odissea, prima con gli orti botanici e poi con la nomenclatura linneiana.

Ion avrebbe la stessa radice del verbo intrecciare, dunque significherebbe sinuoso, flessibile; come in effetti è il fusticino della viola mammola, i cui fiori, tutti lo sanno, sono scuri; ma il termine potrebbe poi essere passato a designare altre piante con fiori dello stesso colore; e poi ancora piante con fiori della stessa forma di queste, ma di vari colori: Isidoro da Siviglia riporta che esistono tre generi di viola: porpora, bianca e color miele. Ancora nel '600 Francesco Pona parla di "viola [...], la quale da' Greci leucoio fu detta"; ma se il leucoio (viola bianca, ovviamente) bulboso del Teofrasto veniva identificato con la pianta oggi appartenente alla specie linneiana Leucojum vernum, le altre viole (gialla d'oro semplice e doppia, candida, porporea, violata, vinata, carnea, tané, macchiata, pentacchiata eccetera eccetera) sono ora distribuite in più generi (Erysimum, Hesperis, Matthiola e altri) imparentati tra loro ma curiosamente molto lontani dalla viola mammola.

Allora, quali splendidi fiori ammirò Ermete prima di entrare nella grotta della ninfa Calipso? Fossimo certi dell'ubicazione dell'isola di Ogigia, gli studi floristici potrebbero essere d'aiuto. Ma Ogigia nel corso dei secoli è via via collocata oltre le Colonne d'Ercole, a sud di Creta, al largo della Croazia, vicino a Malta, da qualche parte nel Mar Ionio... Insomma, al massimo si può dire che avrà avuto una flora mediterranea - lapalissiano.

Ma Omero davvero intendeva descrivere realisticamente un ambiente o piuttosto affidava l'efficacia dei propri versi anche al significato che, illo tempore, a quelle piante veniva associato? Come escluderlo con sicurezza, se, ad esempio, è vero come sembra che tanto la pianta ion quanto la pianta selinon fossero legate a divinità ctonie? Oppure potrebbe essere la suggestione portata dalle caratteristiche di quelle piante ad averlo ispirato: colore, profumo, morbidezza delle foglie - la sensualità in cui l'isola di Ogigia sembra essere immersa.

Lo ammetto, è proprio quest'ultima l'interpretazione che trovo più attraente; ma quale fisionomia dare ai sedani e alle viole? L'ambiente mediterraneo dapprima suggeriva Matthiola incana e Chritmum maritimum; ma entrambe le specie crescono tra le rocce affacciate sul mare, lontane dai molli prati irrigati dalle quattro fonti che sgorgano presso la grotta di Calipso. Allora, guidato dalla suggestione e dal caso, vi propongo quel che è spuntato nella parte più sarvatica del mio giardino: Hesperis matronalis, che profuma alla sera, e Foeniculum vulgare**, i finocchietti selvatici, dalle fronde morbide, ancor più nella varietà, seminata e poi dimenticata, con le barbe rosse, che in effetti preferisco, come ben sa anche Dona Flor - la quale spero a questo punto possa dirsi soddisfatta.


*trad. it. R. Calzecchi Onesti, Torino, 1963.

** Foeniculum vulgare era per gli antichi greci marathon, erba che cresceva abbondante presso la città che ne prese il nome, dove la civiltà occidentale ebbe, con la battaglia contro i Persiani, uno dei suoi atti di fondazione.




Sotto, Hesperis matronalis, Foeniculum vulgare e F. v. Purpureum

Hesperis matronalis

λειμῶνες ἴου ἠδὲ σελίνου θήλεον

Hesperis matronalis

Foeniculum vulgare "Purpureum"

Hesperis matronalis

sabato 8 maggio 2010

Libreria - Pia Pera, Giardino&Orto Terapia.

Forse perché il desiderio di comunicare dispone all'accoglienza, ho acquistato ieri sera e già  ho terminato di leggere l'ultimo libro di Pia Pera, Giardino&Orto Terapia - Coltivando la terra si coltiva anche la felicità.  

Non è un manuale - di giardinaggio o di orticoltura o per ottenere la felicità in dieci mosse sicure. Racconta invece il raggiungimento di una consapevolezza; di come la coltivazione di un giardino o di un'orto, quando non abbia per solo scopo la produzione, agisca anche su chi opera e sia fonte di benefici. Nessuna avventura, ma esperienze di giorni feriali, che l'osservazione attenta e libera di sé e degli altri restituisce con sincerità. Non cerca di convertire a un metodo (cosa che mi avrebbe fatto fuggire lontano assai) semplicemente offre condivisione. E i capitoli più belli mi sono parsi proprio quelli centrali, in cui la tensione a trasmettere la possibilità della gioia è più forte: Maestri e aiutanti, Piccoli Giardinieri, L'orto dei bambini, Orti sociali.

Qualche seme:
 Ai bambini, dunque, bisogna lasciar comprendere che la natura, molto più degli oggetti inerti, è una risorsa di felicità. [...] [Nell'orto si va per] conoscere la pienezza della vita. Solo a patto di averla conosciuta sarà poi possibile desiderarla. p. 75
Consociazione di piante, l'orto diventa anche la compagnia che gli uomini si fanno tra loro. p. 82
Se nell'orto si va a lavorare, ci vorrà pure un giardino per pensare a quanto è stato fatto, a quanto resta da fare. p. 93

(Ma staccando frasi dalle pagine un poco tradisco lo spirito del testo, che sfugge all'arroganza della saggezza e che non è certo una collezione di massime - mentre somiglia molto di più all'invito a entrare in un luogo personale e vissuto, proprio come sono quelli che si coltivano per passione).


Pia Pera, Giardino&Orto Terapia - Coltivando la terra si coltiva anche la felicità, Milano, 2010.

mercoledì 5 maggio 2010

Pioggia e vento sopportar

Dopo tre giorni e tre notti di scirocco, durante i quali disagi e seccature si sono moltiplicati tanto sul corpo quanto nelle opere, rinnego l'inutile medicina moderna e proclamo che gli antichi avevano compreso assai bene la natura delle cose, quando indicavano nei venti umidi che soffiano da meridione la causa di molti mali, compresa la peste. E di certo sa cosa intendo chiunque in queste ore debba lavorare all'aperto.

Non resta che riportare equilibrio nella discrasia degli umori applicando i principi di Ippocrate e Galeno e temperando il caldo e l'umido con estratti d'erbe freddi e secchi, accuratamente miscelati.
Per me senza oliva e ben ghiacciati, grazie.

Ovviamente il maltempo sta rovinando anche le fioriture in giardino; allora cerco consolazione per voi e per me coll'anticipare uno dei prossimi piaceri. Tra poco sboccerà Cosmos atrosanguineus, un'asteracea dalle caratteristiche particolari, che le sono valse il nome comune di Chocolate Cosmos. Certo, è nome inglese: da noi, ancora una volta, è quasi sconosciuta - ma non introvabile. Pianta messicana, forse estinta nell'habitat originale, andrà coltivata un po' come le dalie, parenti conterranee.

L'accostamento con il cioccolato (cioccolato belga, precisano alcuni) è dovuto alle suggestioni che provengono sia dal colore sia dal profumo dei fiori. Borgogna scuro, vellutati, con sentori di vaniglia e zucchero di canna; per il mio olfatto, almeno: si sa che l'impressione è soggettiva - ma pare che tracce di vanillina siano effettivamente trovate in occasione di uno studio di biochimica.

Il miglior effetto - non solo cromatico - si ottiene con gruppi densi di circa una dozzina di piante, preferibilmente collocate vicino a una specie "di compagnia" dalle foglie o dai fiori chiari.

Vi sono altre piante dalle caratteristiche analoghe? Certo!
Ecco alcuni suggerimenti per un'aiuola-cioccolateria:
Dianthus barbatus Sooty - aroma speziato
Tulipa Queen of Night - con una traccia di caffè, ma solo in alcune ore del giorno...
Knautia macedonica - zuccheroso
Aquilegia atropurpurea - leggero
Berlandiera lyrata - molto intenso

La compresenza nei fiori del color borgogna e del sentore di cioccolato è casuale? L'esperienza finora porterebbe a dire no, manca tuttavia la prova provata dalla scienza. Certo non tutte le piante a fiore rosso scuro hanno aromi da pasticciere. Però si potrebbe aggiungere all'elenco anche una pianta spontanea: Nigritella, un genere con poche specie presenti nei prati d'alta quota. Ma le note di vaniglia forse sono qui giustificate dall'appartenenza alla stessa famiglia, le orchidacee, cui appartiene anche il genere Vanilla, dai cui frutti l'aroma di vaniglia è appunto estratto.

Nota: Berlandiera appare gialla di fiore, non rossa; ma è un'asteracea, e ciò che chiamiamo fiore in realtà è un'infiorescenza. Gli elementi ligulati esterni, appariscenti, sono gialli; quelli interni, tubulosi, sono proprio color borgogna...

Cosmos atrosanguineus
Cosmos atrosanguineus
Knautia macedonica
Nigritella
Berlandiera lyrata
Berlandiera lyrata

Sotto:
Dianthus barbatus "Sooty"
Tulipa "Queen of Night"

Dianthus
Tulipa
 

martedì 4 maggio 2010

La necessità della Rosa - Rosa primula

Rosa primula

Rosa primula

Quest'anno è fiorita prima di tutte le altre - perfino prima delle rose banksiae.

Credo che tutte le descrizioni di Rosa primula che si possono leggere, siano in rete siano su carta, derivino da quella pubblicata da Peter Beales in Classic Roses*: foglie dall'aspetto di felci, fiori color giallo primula, profumo come d'incenso... Sembra che debba per forza somigliare a qualcosa d'altro.

Comunque dissento sul paragone con l'incenso; la fragranza che, nelle ore in cui l'aria è umida e ferma, promana dalle foglie e dai giovani germogli è complessa, resinosa, esotica, ma per nostra fortuna manca del tutto della nota acre che accompagna - necessariamente - la combustione dell'incenso. Invece è fresca e si mescola in modo perfetto con il profumo dei fiori, fruttato e pungente insieme.

Il portamento è leggero, ma poco armonioso; anche Rosa hugonis, che appartiene allo stesso gruppo delle pimpinellifoglie, è sgraziata; però è anche più robusta e definita: ne feci una siepe divisoria anni fa, su uno sfondo di piante sempreverdi a foglia scura, con un buon risultato, credo - almeno fino a quando il giardiniere la straziò potando le piante a due spanne da terra... con le rose si è sempre fatto così, no?

I cespugli di Rosa primula forse sono più adatti a colmare i vuoti tra piante di maggiori dimensioni, appoggiandosi a queste con i rami angolosi; anche quando non saranno fioriti il fogliame chiaro e minuto potrebbe assicurare un ottimo effetto, in contrasto con la texture della vegetazione vicina.

Naturalmente non è una specie facile da trovare - ma è molto facile da coltivare, in compenso; è sana, non richiede potature ed è molto valida per i giardini dall'aspetto spontaneo.


* Peter Beales, Le Rose Classiche, Bologna, 1989.

lunedì 3 maggio 2010

Caucaso - Valpolicella e ritorno

Paeonia mlokosewitschii

Mentre vi esercitate nella corretta dizione di Paeonia mlokosewitschii, vi racconto qualcosa di questa pianta. Nei giardini italiani la si vede assai di rado, tant'è che non ha un nome comune, e la definizione "peonia dorata del Caucaso" proviene semplicemente dalla traduzione e dall'unione di due nomi comuni inglesi. Oltremanica infatti è pianta molto stimata (premiata nel 1955 con l'Award of Merit della R. H. S., riferisce Ippolito Pizzetti*) e si è guadagnata anche il nickname di "Molly the Witch" - un tentativo di aggirare le difficoltà di pronuncia del nome scientifico.

Come ulteriore conferma, l'esemplare che coltivo proviene dal Mini-Arboretum di Guido Piacenza, a Pollone, e credo fosse là giunto attraverso le collezioni della Hillier & Sons di Winchester. Il Mini-Arboretum è chiuso da molto tempo (con grandissimo dispiacere degli appassionati di piante rare, ovviamente compreso chi vi scrive, che partiva in pellegrinaggio ogni primavera per tornare a casa con l'auto traboccante di piante, per di più legate e pacciamate con striscie e cascami di cashmere...) e dunque la mia Molly deve avere più di quindici anni - passati i quali è arrivata a produrre contemporanemente ben sette fiori, tanto per parlare della lentezza con cui cresce.

Le ragioni per ammirarla sono numerose, ma va osservata da vicino. I germogli sono soffusi di un porpora vinoso, colore che poi rimane lungo i piccioli e i bordi delle foglie; queste, dalla bella forma, hanno la pagina suddivisa tipica delle peonie, ma con i lobi arrotondati e con una caratteristica sfumatura glauca; i fiori, meno grandi di quelli delle consorelle, non si aprono mai completamente e formano una coppa giallo primula a racchiudere molli stami giallo oro e sensuali stimmi rosati, in uno strano contrasto. Il profumo è leggero e gradevole. L'ultima sorpresa sono i frutti, capsule che ancora verdi si aprono longitudinalmente per mostrare l'interno bianco e lanuginoso, dove sono raccolti i semi: color fuchsia quelli sterili, blu quelli fertili.

Non è pianta su cui costruire un giardino, o almeno mi pare che non abbia forza sufficiente per questo; tuttavia, è una delle piante capaci di richiamare alla mente un intero paesaggio. Portamento, dimensioni, consistenza delle foglie raccontano che si tratta di una pianta adattatasi a crescere in ambienti in cui la luce del sole giunge direttamente al mattino o alla sera e solo macchiata dalle fronde di piante più grandi durante il resto del giorno; anche il colore dei fiori potrebbe essere il risultato di un adattamento, poiché appare più luminoso e visibile di altri nella mezz'ombra.

E allora, scartabellando un po', scopro che il nome scientifico fu scelto dal botanico russo Alexandr Alexandrovic Lomakin (1863-1930) per onorare il botanico polacco Ludwik Franciszek Mlokosiewicz (1831-1909), che incontrò la nostra strega-peonia esplorando la gola del fiume Lagodekhi, a partire dalla città omonima alle pendici meridionali del Grande Caucaso Orientale, nella regione del Kakheti, in Georgia, non lontano dal confine con l'Azerbaijan. Qui i monti, tagliati da numerose valli strette e lunghe scavate dai fiumi, sono ricoperti da boschi fino al limite altitudinale degli alberi, intorno ai 1800 metri. Dove i boschi iniziano a diradarsi, nelle schiarite sempre più ampie, cresce la peonia dorata, in gruppi fitti e sparsi.

La vallata fa parte oggi delle Aree Protette di Lagodekhi, ovvero la Riserva Statale e il Parco Nazionale, e fu proprio Ludwik Franciszek Mlokosiewicz, nel 1903, a sollecitare per primo presso l'Accademia Imperiale la formazione di una riserva naturale. La bellezza dei fiori, sostiene Michael Pollan**, non è per le api; è per noi: una seduzione che ci spinge a preservarli.


* Enciclopedia dei Fiori e del Giardino, a cura di I. Pizzetti, Milano, 1998

** Michael Pollan, La Botanica del desiderio, Milano, 2005.

domenica 2 maggio 2010

sabato 1 maggio 2010

Il colore delle peonie

Collocare le peonie arbustive in giardino è un'impresa che va attentamente ponderata. Il momento glorioso della fioritura è effimero - fatto che per altro ne aumenta la preziosità: avere fiori di peonia per tutta l'estate renderebbe queste piante o banali o insopportabili - mentre l'arbusto non ha nulla da raccontare quando è rivestito dalle sole foglie e quando è spoglio del tutto ci fa dubitare di aver mai saputo portare fiori larghi anche più di una spanna: solo pochi rami magri e tozzi, anche nelle piante più vecchie.

E allora le peonie chiedono buona compagnia, per passare l'estate insieme a piante dalla fioritura tardiva, che le sostituiscano sul fronte della scena. Sono da considerare più come elementi decorativi che di struttura: un gruppo di peonie arboree non è necessariamente più significativo di un esemplare isolato. Ma già mi contraddico con l'idea estemporanea di un sentiero tra gli alberi che, dopo una svolta, si apra in una valletta circolare dai pendii ricoperti di cespugli di peonia ... è del giardino il fin la meraviglia, parafrasando il Marino.

Ma accostare a capriccio peonie di diverse varietà potrebbe avere effetti terribili per molte generazioni; nei già nominati giardini delle nonne era presente in pratica una sola peonia arborea, dai fiori globosi, rosa intenso, credo un ibrido di origine francese; oggi invece sono disponibili sia antiche varietà cinesi sia nuove provenienti anche da vivai americani, con selezioni e incroci di più specie: la classica Paeonia suffruticosa e poi Paeonia ostii, Paeonia rockii, Paeonia delavayi, Paeonia lutea ... Dunque la gamma dei colori è amplissima (sono esclusi solo i blu) con gradazioni tenui tra colori pastello o porpora profondi o rosa salmone che sembrano rifiutare qualsiasi accostamento.

Vi mostro le poche piante che coltivo in giardino - ben separate tra loro! Non sono frutto di una scelta, ma del rifiuto capriccioso di un cliente che ne volle altre all'ultimo istante. Non le amo tutte allo stesso modo, ma non potevo certo abbandonarle. Provengono da un noto vivaio specializzato in peonie, cui potrete facilmente risalire a partire dai nomi delle varietà, che sono:

Giallo di Yao - Yao Huang
Grande Violetta - Da Zong Zi
Rosso Carminio - Hu Hong
Loto di Fronte al Sole - Ling Hua Kan Lu (gruppo Ostii)

Paeonia "Giallo di Yao - Yao Huang"

Paeonia "Giallo di Yao - Yao Huang"

Paeonia "Grande Violetta - Da Zong Zi"

Paeonia "Grande Violetta - Da Zong Zi"

Paeonia "Rosso Carminio - Hu Hong"

Paeonia "- Rosso Carminio - Hu Hong"

Paeonia "Loto di Fronte al Sole - Ling Hua Kan Lu" (gr. Ostii)

Paeonia "Loto di Fronte al Sole - Ling Hua Kan Lu" (gr. Ostii)