NO, NON È UN BLOG DI GIARDINAGGIO
MA POTRESTE TROVARE QUEL CHE NON STATE CERCANDO


mercoledì 1 settembre 2010

Lasciatemi divertire

"[...] la costruzione dei giardini non è questione di scienza, ma appartiene al campo dell'arte. Il costruttore ideale non sarà, pertanto, l'architetto che operi un freddo lavoro di calcolo delle proporzioni, ma il letterato, che derivi ogni decisione da un'attenta valutazione del proprio bagaglio culturale e da una profonda conoscenza dell'animo umano."

Così scrive Maria Alessandra Bassi, nell'introduzione a L'arte dei giardini cinesi di Chen Congzhou, riassumendo le considerazioni dell'autore sulla progettazione dei giardini.

E, aggiungo, altrettanta consapevolezza dovrebbe appartenere al committente - per superare lo stadio del giardino concepito come "verde attrezzato", pubblico o privato che sia.




Chen Congzhou, L'arte dei giardini cinesi, Milano, 1987.
(grazie a Federico Diogene per avermelo fatto conoscere)

L'immagine proviene da Le trecento poesie T’ang, a cura di Martin Benedikter, Torino, 1961 
ne trovate altre qui http://www.rlivio.it/cina/luoghigm.htm

4 commenti:

  1. Dato che i giardini nascono come manipolazione umana della Natura, più che come rappresentazione della stessa, il giardiniere John Cage avrebbe usato l'iChing per generare sequenze casuali e randomizzate di abbinamenti botanici. Del resto, se 4'33" nasce per trasformare il commento del pubblico e dell'ambiente in composizione, la si potrebbe prendere come una perfetta soundtrack con cui esplorare un giardino. Se potessi essere committente partirei da questo.

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  2. Si opera per la trasformazione della Natura da come è (da come la intendiamo - spesso lontana, indifferente, ostile...) a come la vorremmo, mossi da un senso di manchevolezza, vuoi per nostalgia del Paradiso, vuoi per desiderio di più intima comunione con la Natura stessa.

    Trasformazione che è possibile attuare anche attraverso la semplice(?) scelta del punto da cui osservarla - sia questo la capanna di paglia di Bai Juyi tra il monte Lu Shan e il Fiume Azzurro sia Villa Capra su un colle fuori Vicenza.

    Cage tra le mappe stellari e gli Etudes Australes mette comunque se stesso proprio nella scelta delle modalità con cui associa gli astri alle note; ovvero già la presenza dell'osservatore proprio lì, proprio in quel momento, crea un paesaggio (e nei dipinti cinesi vediamo sempre i luoghi in rapporto alla figura umana - o viceversa).

    Rimanendo in ambito musicale, riferendosi ai lavori di Bruno Maderna, Massimo Mila parla di "alea controllata". Un concetto che applicato al paesaggio potrebbe significare l'abbandono della pretesa (da architetto!) del controllo totale sugli elementi che vanno a costituire il paesaggio stesso (aria, terra, acqua, vegetazione, opere dell'uomo e quel che li abita) per chiamarli invece a esprimere - ai nostri occhi almeno - la loro specificità, in quello che oggi chiamiamo ossimoricamente "giardino naturale".

    (ahi ahi! ho condensato qui molto di ciò per cui ho aperto questo blog: da oggi in avanti, solo variazioni...)

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  3. Allora siamo d'accordo. Se in una futuribile casa nuova riavrò nuovamente un giardino, un brolo, un pezzo di terra da rendere indifferente ed ostile, tu scegli le piante e io metto su i dischi. Che so, Stockhausen. Sperando che, ora di allora, esistano ancora piante e giradischi.

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  4. Servo vostro!
    Però, in vece di Stockhausen, permettetemi di suggerire Boulez - o anche Vivaldi, visto l'interesse di entrambi per la spazialità del suono...

    http://www.youtube.com/watch?v=nfSfYiGsZMU
    http://www.youtube.com/watch?v=cm5sVD-OyG0

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