La malattia dell'olmo
Se ti importa che ancora sia estate
eccoti in riva al fiume l'albero squamarsi
delle foglie più deboli: roseogialli
petali di fiori sconosciuti
- e a futura memoria i sempreverdi
immobili.
Ma più importa che la gente cammini in allegria
che corra al fiume la città e un gabbiano
avventuratosi sin qua si sfogli
in un lampo di candore.
Guidami tu, stella variabile, fin che puoi...
- e il giorno fonde le rive in miele e oro
le rifonde in un buio oleoso
fino al pullulare delle luci.
Scocca
da quel formicolio
un atomo ronzante, a colpo
sicuro mi centra
dove più punge e brucia.
Vienmi vicino, parlami, tenerezza,
- dico voltandomi a una
vita fino a ieri a me prossima
oggi così lontana - scaccia
da me questo spino molesto,
la memoria:
non si sfama mai.
È fatto - mormora in risposta
nell'ultimo chiaro
qull'ombra - adesso dormi, riposa.
Mi hai
tolto l'aculeo, non
il suo fuoco - sospiro abbandonandomi a lei
in sogno con lei precipitando già.
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