mi stringo addosso il giorno
e m'inviluppo nella sua luce ricca di cortesia
e sento che mi guazza dentro come un'ape nel suo fiore
e ho paura di gesti sconsiderati
perché ho paura che si sfasci per troppa frenesia
e mi lasci al buio
accucciata in un nome di città
in questa terra gessosa e sortumosa
mondati gli alberi dalle erbe nocive
si calano margotti dentro vasi
e si innaffiano generosamente
perché mettano molte radici
e si dilatino a piacimento
prima del taglio del ramo
si semina alquanto rado coprendo i semi più sani
e germogliati si rinforzano sarchiando
e piegate le foglie si rincalzano con le mani nude
fino a coprire il grumolo di terra
perché le pianticelle abbiano vita più sostanziosa e fresca
e quando il ceppo è rinforzato
si mantiene per lunga serie di anni
approfondandosi la sua radice con molta forza
non sente il bisogno d'innalzare pergole
e si mette in ginocchio
per curare il seme buono che germoglia
perché riconosce le erbe tossiche e anche i fiori
e non farebbe mai una frittata di ranuncoli
ma prepara insalate di foglie di fragola tenerelle
e si stringe al petto reggendosi in piedi
quando soffia malo vento e sturati rigurgitano
gli sfiatatoi delle anime bolle
alla moltiplicazione del pesco
più d'ogni altro conviene
l'innesto a occhio dormiente
volendo godere maggior frutto e maggior durata
zappa la vigna tre volte l'anno
e la netta dagli erbaggi che tolgono alimento
e ariosamente ordina i rami
Jolanda Insana, L'occhio dormiente, poesie 1987-1994.
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